Guarigione di un paralitico (Lc 5,17-26)

 

Il contesto narrativo di questo miracolo è il grande viaggio di Gesù, descritto dall’evangelista Luca come un percorso in salita. Gesù parte da Nazaret, sale verso Gerusalemme, sale sul Calvario, sale sulla croce e sale al cielo.

I suoi insegnamenti sono ascoltati da due opposte fazioni, la prima costituita dai suoi discepoli e la seconda dai suoi nemici, scribi e farisei. Erano queste le due scuole di pensiero che si differenziavano sull’interpretazione della volontà di Dio nella storia degli uomini.

In questa cornice Luca presenta Gesù come il mediatore della potenza dello Spirito Santo, quindi come colui che manifesta nella Sua persona la volontà salvifica di Dio.

 

Dal luogo esterno la scena si sposta in un interno, una casa, primitiva chiesa domestica che ascolta la Parola di Dio. Non vi erano tegole su quei tetti ma soltanto frasche, era pertanto facile toglierle e calare il paralitico dall’alto, fino a farlo giungere ai piedi di Gesù.

È questa un’esposizione della catechesi lucana per esprimere l’autenticità della fede che supera ogni ostacolo, destando l’intuibile stupore dei presenti in quella casa.

Gesù risponde a quella fede manifestando il potere divino in Lui di rimettere i peccati, esprimendo così nei confronti dell’uomo qualsiasi la sua intenzione di donare la salute ma per portare alla salvezza.  È il tema per perdono, particolarmente caro all’evangelista Luca, nonché il compito stesso del Messia.

 

Immediata si alza la protesta dei nemici, ovvero la reazione dei teologi di quel tempo che conoscevano bene le scritture e sapevano che Dio solo può perdonare i peccati, nemmeno il Messia può farlo (Es 34,7; Is 43,25). L’uomo che si attribuisce il potere di Dio è un bestemmiatore, quindi reo di condanna a morte (Lv 24,16) e solo nello Jom Kippur Dio perdona i peccati, attraverso la mediazione del Sommo Sacerdote.

Gesù tuttavia è Dio e come tale può donare il perdono e ristabilire la comunione tra gli uomini e Dio. La sua autorità è capace di scrutare il cuore, quindi la sede dei progetti umani, in questo caso dei suoi nemici e guarendo il paralitico, Egli vince una delle malattie ritenute incurabili, rivelando così la Sua divinità che vince ogni forza avversa della natura.

Con questa guarigione Gesù abbatte la vecchia teoria della retribuzione, cara ai teologi del Suo tempo, che collegava il peccato al castigo di Dio, visibile nella malattia e nell’infermità. Guarire da queste significava guarire dal peccato ed è ciò che Gesù intende fare, manifestando la potenza divina in Lui.

 

Il Figlio dell’uomo era una misteriosa figura proveniente dalla letteratura apocalittica e dal profeta Ezechiele. Costui riceveva da Dio ogni potere, manifestando nel presente il perdono escatologico di Dio. Non conosciamo tuttavia con quale evoluzione il termine sia arrivato a Gesù, attraverso il Medio Giudaismo, pertanto non possiamo dire con esattezza cosa intendesse Gesù attribuendo il titolo a se stesso.

Resta il fatto che la guarigione immediata suscita nell’uomo la spontanea lode individuale a fronte dell’efficacia della Parola di Dio che subito manifesta i suoi effetti. Il miracolato lodando Dio denota l’avvento del tempo della salvezza, incarnato in Gesù, il Figlio dell’uomo.

 

Alla lode individuale del miracolato fa seguito la lode collettiva della gente che manifesta  stupore e timore, atteggiamenti che esprimono la religiosità della relazione con Dio. Essi riconoscono l’oggi della salvezza, altro tema caro a Luca per esprimere la salvezza di Dio che al presente si compie con Gesù.

I testimoni hanno ormai la certezza che in Gesù agisce lo Spirito di Dio che può perdonare i peccati ed i nemici stessi restano ammutoliti e scompaiono dalla scena.

 

Questo racconto è una delle catechesi con cui Luca invita a passare dalla casa alla Chiesa, dalla comunità domestica all’assemblea liturgica che loda Dio. È anche un attacco al potere opprimente degli scribi e farisei che manipolando la legge mosaica, paralizzavano l’uomo, rendendolo continuamente in schiavo di peccato. Gli antichi 613 precetti della Torah non davano in effetti via di scampo all’uomo che davanti Dio si sentiva continuamente in stato di peccato, quindi paralizzato nel suo cammino di fede.

Intervenendo con questo miracolo, Gesù libera dal rigorismo legalistico e restituisce all’uomo la guarigione dall’antica oppressione, quindi la possibilità di tornare a casa guarito da ogni peccato, riprendendo con determinazione il suo cammino incontro a Dio.

 

di Ferrario Fabio