TRENTASEI ORE NEL SEPOLCRO

 

Di Ferrario Fabio, direttore "Il Mondo della Bibbia"

 

Premessa

L'osservazione e lo studio degli esperti di Sindone, competenti nelle disparate regioni scientifiche, si riversa in trattazioni di alto livello e in divulgazioni di carattere giornalistico. La domanda dell'uditore e/o lettore è sempre diretta e provocante sull'identità dell'Uomo della Sindone. Non intendiamo affrontare in questa sede tale spinosa questione e ci atteniamo al rigore analitico che non può ancora esprimersi in merito con certezza. Pur evidenziando in questa esposizione una vistosa coincidenza tra Sindone e vangeli che aiuterebbe a spiegare la causa dell'impressione sindonica, non intendiamo tuttavia assumerci l'onere gravoso di dare un nome all'Uomo della Sindone. Ne consegue, a scanso di equivoci suscitabili dal titolo, che non intendiamo presentare la Sindone come prova incontestabile della Risurrezione di Cristo, ma ci atteniamo alle informazioni che essa ci offre fermandoci al limite dell'ipotesi che la stessa avesse contenuto il corpo di Gesù di Nazaret.

 

L'impressione sindonica

La causa dell'i m pressione sindonica, ovvero la spiegazione del fenomeno che lasciò su quel lino un'impronta così nitida, è tra le questioni più rivelanti affrontate dall'approccio scientifico alla Sindone. Essa non solo si pone come sfida ai ricercatori competenti, ma diventa anche determinante sul piano storico per constatare il fenomeno di origine soprannaturale che avrebbe determinato l'effetto. L'ipotesi che mira alla falsificazione del documento attribuirebbe l'impressione a un'abile

opera artistica di un importante pittore, forse lo stesso Leonardo da Vinci, nonché all'utilizzo di sostanze applicate. A confutazione osserviamo tuttavia che sotto le tracce ematiche non troviamo l'immagine corporea e il <<dipinto» non permette di trovare i pigmenti dei colori utilizzati. La stessa tridimensionalità dell'immagine confuta ulteriormente l'ipotesi. È inoltre documentata la prima astensione della Sinclone circa,un secolo prima della comparsa di Leonardo. E anche da scartare l'utilizzo di sostanze applicate in quanto l'impressione non supera di 40 micron di spessore. Scartata l'ipotesi della contraffazione, troviamo sul campo scientifico quattro ipotesi plausibili e sull'ultima di queste concentreremo la nostra attenzione. L'ipotesi dell'effetto corona sembrerebbe una delle cause dell'impressione, quindi la generazione di un campo elettrostatico che abbia potuto determinare l'effetto, dovuta all'attività tellurica, di cui l'evangelista Matteo ci dà testimonianza (cf. M t 27,54 ). Tale campo elettrico avrebbe <<Ìonizzato» l'aria tra il corpo e il tessuto, generando il plasma capace di impressionare il tessuto stesso. Tale ipotesi troverebbe maggior fondamento se nel sottosuolo di Gerusalemme fossero presenti rocce piezoelettriche capaci di generare il fenomeno come scintilla di innesto, ma di tali rocce non esiste traccia. Associabile all'effetto corona è l'ipotesi dell'energia radiante, risalente al 1934 quando lo studioso G.B. Alfano tentava di spiegare l'impressione sindonica con l'effetto Kirlian, ovvero la capacità delle cellule viventi di assorbire e rilasciare energia elettromagnetica dopo una prolungata esposizione al sole. Il corpo dell'Uomo della Sindone avrebbe assorbito radiazioni solari in seguito alla sua esposizione di alcune ore e le avrebbe poi rilasciate all'interno del tessuto di lino. Confermò l'ipotesi il sindonologo Mario Moroni ma a condizione che il tessuto isolato dall'unguento di aloe e mirra si fosse trovato in un ambiente completamente asciutto. Una terza suggestione è l'ipotesi vaporografica, elaborata da Pau! Vignon all'inizio del secolo scorso e che avrebbe determinato l'impressione in seguito a reazioni chimiche tra il tessuto e le sostanze aromatiche con cui venne cosparso il corpo.

La diffusione del vapore tuttavia sarebbe omnidirezionale e non spiegherebbe il dettaglio e l'incisività della formazione dell'immagine. L'ipotesi fotoradiante merita a nostro parere maggiore attenzione. Essa fu elaborata nel 1975 dal medico siracusano Sebastano Rodante e riportata nell'opera di cui è coautore La Sindone -la Storia e la Scienza, Edizioni Centrostampa, Torino 1986. Qyesta ipotesi verte alla spiegazione di un fenomeno fotografico quale causa dell'impressione. Il dottor Rodante, dopo lunghe ricerche, osservò che un tessuto in lino, imbevuto in soluzione acquosa di aloe e mirra, si trasforma dopo circa 36 ore in una lastra fotografica impressionabile dai raggi ultravioletti.

Gli esperimenti furono condotti presso le grotte dei dintorni di Siracusa che riproducono lo stesso microclima delle grotte attorno a Gerusalemme. Il documento dell'evangelista Giovanni, testimone oculare della passione di Gesù, riporta quanto segue: <<Dopo questi fatti Giuseppe diArimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo- quello che in precedenza era andato da lui di notte-e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con tel~ insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura» ( Gv 19,38-40). La <<lastra fotografica» della Sindone può essersi formata in seguito alla miscela di erbe aromatiche, aloe e mirra utilizzate per la composizione del corpo, miscelate con acqua, originata secondo il dottor Rodante, dal sudore di sangue. Gli elementi per formare un'immagine fotografica sono la camera oscura, la lastra, il soggetto e la luce. Avallando l'ipotesi fotoradiante possiamo ritrovare la camera oscura nella condizione del sepolcro sigillato, il soggetto nell'Uomo della Sindone, la lastra nel tessuto in lino imbevuto per circa 36 ore in miscela di acqua, aloe e mirra. Resta da spiegare la presenza della componete fondamentale per la photo-graphia, ovvero la scrittura con la luce.

 

Le 36 ore nel sepolcro

Gli autorevoli studi condotti dai medici legali, osservano che al momento del decesso inizia la decomposizione interna del corpo ma solo dopo circa 36 ore la decomposizione inizia a lasciare tracce esterne di urea. Tale sostanza non è tuttavia presente sul tessuto sindonico: questo comporta la permanenza del corpo nella Sindone di non oltre 36 ore approssimativamente. Ai fini della nostra ipotesi, assumiamo il limite di 36 ore come tempo minimo per la trasformazione del tessuto di lino, imbevuto in soluzione acquosa di aloe e mirra in lastra fotografica e come tempo massimo di permanenza del corpo il quel tessuto, in cui sono assenti tracce di decomposizione esterna, rilevabili alla presenza di urea. Sulla base di questi assunti, andiamo ora a calcolare le 36 ore, dalla morte di Gesù fino alla sua Risurrezione. Questo porterà al duplice risultato che da un lato offre la spiegazione dell'azione sindonica e dall'altro permette ulteriori riflessioni sul mistero della Risurrezione.

Le testimonianze bibliche sono concordi nel riportare i tre giorni di permanenza del corpo di Gesù nel sepolcro. In accordo con le 36 ore, tempo minimo e massimo di permanenza, osserviamo il seguente computo.

Testimonia l'evangelista Matteo: <<Verso l'ora nona, emesso unfortegrido, spirò>> (Mt 27,46). Secondo <orologio» romano del primo secolo, l'ora nona è racchiusa tra le nostre ore 15 e ore 16. Passano circa 8-9 ore fino alla mezzanotte del venerdì, giorno plausibile della morte di Gesù. Ad essa si aggiungono le 24 ore del giorno di sabato, portando il computo a 32-33 ore. Resterebbero inspiegabili le 3-4 ore mancanti.

 

La data della Risurrezione

Nel 1954 padre F.L. Filas, osservando la lastra fotografica di Giuseppe Enrie del 1931, notò sull'occhio destro dell'Uomo della Sindone la traccia di una moneta riconoscibile come un Dilepton Lituus, nonché di una identificabile con un Lepton Simpulum, scivolato sopra la palpebra sinistra. Gli studi compiuti in seguito sul Dilepton Lituus, grazie anche all'immagine tridimensionale della Sindone, fanno risalire la moneta all'anno XVI dell'impero di Tiberio, riportabile all'anno 29 dell'Era Cristiana. La com unità ebraica che si incaricò della sepoltura riprese l'usanza pagana ma ormai consolidata di seppellire i morti con gli occhi coperti da monetine. Qyesto allo scopo di chiudere gli stessi, rimasti aperti nella rigidità cadaverica, nonché, secondo l'usanza pagana, per pagare il tributo a Caronte, traghettatore dell'Ade; infine allo scopo di datare la morte, usanza in seguito riportata sulle tombe sepolcrali. Ai fini della nostra ricerca, le monete offrono un importante contributo che permette di collocare storicamente la Risurrezione nell'anno 29.

Sappiamo che la nascita di Gesù non risale all'anno O, ma, per un errore di calcolo di Dionigi il Piccolo nel VI secolo, essa è anteriore di almeno 4 anni, prima della morte di Erode il Grande, avvenuta il4 a.C.

 

L'ora della Risurrezione

Trovata la data plausibile della Risurrezione, avanziamo ora l'ipotesi dell'ora, allo scopo di colmare il vuoto delle 3-4 ore mancanti per avallare l'ipotesi fotoradiante dell'impressione sindonica. A tale riguardo attingiamo dai testi biblici, i più autorevoli in materia. Alcuni passi tracciano un interessante raccordo tra la comparsa di Gesù e la Stella del Mattino, identificata con il pianeta Venere, secondo la convenzione degli astronomi di tutti i tempi. Il punto di partenza è la testimonianza di Giovanni: <<li primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» ( Gv 20, l). L'evangelista ci offre qui tre informazioni. La prima riguardante il primo giorno della settimana, ritenuto la domenica nel ritmo ebdomadario ebraico. La seconda è la testimonianza oculare di Maria di Magdala che si reca al sepolcro mentre era ancora buio e la terza informazione è la constatazione del sepolcro vuoto. Da questa partenza consideriamo gli altri passaggi biblici.

 

La Stella del Mattino

Secondo la variazione quindicinale delle mappe stellari, il pianeta Venere può apparire di sera, prendendo il nome di Vespero, oppure precedere la luce dell'alba con il nome di Lucifero, <<portatore di luce». L'identificazione tra Gesù e la Stella del Mattino è offerta dai seguenti documenti biblici. <<E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti. il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino>> (2 Pt 1,19). Pietro usa il termine phosphoros, quindi Lucifer, <<portatore di luce», identificando la Stella del Mattino che anticipa l'alba, quando è ancora buio. Il libro dell'Apocalisse, composto dalla comunità giovannea,ci offre due passaggi in merito.

 

La prima riporta <<Al vincitore che custodisce sino alla fine le mie opere darò autorità sopra le nazioni: le governerà con scettro di ferro, come vasi di argilla si frantumeranno, con la stessa autorità che ho ricevuto dal Padre mio; e a lui darò la stella del mattino>> (Ap 2,26-28), dove l'espressione 'astera ton proinon identifica la comparsa del pianeta al mattino. La seconda ribadisce, in modo ormai esplicito, <<Io. Gesù. ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino>> (Ap 22,16). Qui l'espressione 'aster 'o lampros 'o proinos arricchisce la Stella del Mattino con l'aggettivo <<luminosa)) o <<radiosa)). Stabilita la corrispondenza tra Gesù e la Stella del Mattino ci chiediamo quando questa può essere apparsa nel mattino di Pasqua dell'anno 29, prima domenica del plenilunio primaverile e giorno successivo alla celebrazione della festa di Pesach, secondo l'usanza ebraica. In collaborazione con l'osservatorio astronomico di Taranto, nonché con l'astrofisico dottor Paolo Battistini, del dipartimento di astrofisica della facoltà di Bologna, abbiamo ottenuto la mappa stellare visibile da Gerusalemme il mattino di Pasqua dell'anno 29, prima domenica del plenilunio di primavera. Dalla figura riportata appare visibilmente un tondo luminoso che identifica il pianeta Venere, la Stella del Mattino che in quella domenica apparve sulla linea che separa la volta stellare visibile (sfondo blu) da quella nascosta dietro la curva terrestre (sfondo verde) e corrispondente alle ore 4 del mattino, <<quando era ancora buio)).

La luce Abbiamo la lastra fotografica, il soggetto e la camera oscura. Manca ora la luce per avallare l'ipotesi fotoradiante. Essa non poteva arrivare dall'esterno per la logica tecnica della fotografia, ma poteva venire solo dall'interno del corpo. Ammettendo che l'Uomo della Sindone sia Gesù di Nazaret, conosciamo gli episodi in cui egli si rivelò come luce: sul monte Tabor <<il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce>> (Mt 17,2 ); egli stesso dichiarò di essere <<luce del mondo» ( Gv 8,12). Giovanni testimonia dicendo che egli è la <<luce vera che illumina ogni uomo» ( Gv l ,9) e la lettera agli Ebrei afferma che egli è <<irradiazione della luce del Padre» (Eh 1,3). Il corpo di Gesù poteva pertanto emanare luce e da quel corpo uscì la luce del mattino di Pasqua che squarciando le tenebre del sepolcro vinceva la morte, lasciando l'immagine della sua passione sulla Sindone, un tessuto di lino imbevuto per 36 ore in soluzione acquosa di aloe e mirra.

Conclusione Qganto esposto può avallare l'ipotesi fotoradiante ma non imporne la fede: altre ipotesi possono essere avanzate con altrettanta offerta di credi bili tà scientifica. Lasciamo tuttavia l'ultima parola a tre interpellanze evangeliche che continuamente ci provocano attraverso la testimonianza della Sindone.

<<Voi chi dite che io sia?>> (Le 9,20). È la domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli. La risposta oscilla tra l'identificazione con il Battista, Elia o un profeta, e la risposta ispirata di Pietro, <<il Cristo di Dio». La Sindone rilancia la provocazione della stessa domanda, permettendo l'oscillazione tra il riconoscimento di quell'uomo come Gesù di Nazarete l'apertura al mistero dell'indefinito. Il fascino della Sindone è infatti il suo mistero, costituito dalle domande continuamente aperte e che stimolano l'interesse della ricerca: chi è quell'uomo? Come e quando si è formata l'impronta? Come è giunta fino a noi? L'immagine sindonica è autentica? Molte ipotesi sono state avanzate nel tentativo di rispondere: dalla presunta composizione leonardesca, alla famigerata analisi del C14 che daterebbe il <<reperto» tra il 1260

e il 1390, ormai a sua volta abbandonata. La Sindone continua a sfuggire a ogni tentativo di spiegazione esaustiva, restando, paradossalmente, l'indefinibile per definizione. Essa si comporta come un'anguilla capace di scivolare e sfuggire facilmente quando la presa tenta di stringerla. Il mistero sorge sin dalla ricerca dell'ambito adatto per la sua collocazione e che con troppa facilità trova posto tra le reliquie. Per onestà scientifica e religiosa, non possiamo ancora definire la Sindone come una reliquia, in quanto non abbiamo la certezza del suo awenuto contatto con il corpo di Gesù di Nazaret <<Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni». Sono le parole dell'amato Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita torinese del 1998. La Sindone non si impone alla fede del credente, ma rispetta la libera posizione del suo osservatore e seppur non accettabile come certezza scientifica della Risurrezione, si offre, a detta dello stesso Pontefice, come <<specchio del vangelo».

<<Che cos'è la verità?» ( Gv 18,38) è la domanda che Pilato rivolge a Gesù, ma questi non risponde. Non poteva il procuratore romano colmare l'abisso culturale e religioso che lo separava dal Figlio di Dio, permettendogli di riconoscere nella sua stessa Persona la risposta al suo interrogativo. Non siamo ancora in grado, oggi, di svelare il mistero della Sindone, alla quale ci rivolgiamo con la stessa domanda di Pilato, ma sappiamo che Gesù è morto allo stesso modo dell'Uomo sindonico, riconosciuto, ormai di convergenza all'interno della com unità scientifica, come un condannato che subì la tortura e la crocifissione, all'inizio del primo secolo in Palestina, sotto la dominazione romana.

<<Per eh~ cercate tra i morti colui che è vivo?» (Le 24,5). E quanto chiesero i due uomini in abito sfolgorante alle due donne recatesi al sepolcro. Non il silenzio, per quanto suggestivo, di un lenzuolo funebre deve essere l'interpellanza ultima al discepolo di Cristo, ma il credente è chiamato a riascoltare la domanda che udirono quelle donne il mattino di Pasqua, la quale nell'evidenza della Risurrezione, affida la ricerca del Cristo non al mesto ricordo della sua morte ma alla gioiosa certezza della sua Risurrezione.