“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Is 9,1). È questo il compito della ricerca sul mistero dell’incarnazione: tentare di dissipare le tenebre apparentemente impenetrabili della sintesi dialogica tra Dio che assume la carne e l’umanità che è innalzata alla sfera del divino.
Il lungo cammino percorso dagli uomini verso la visibilità del volto storico di Dio affonda le sue radici nell’antico dialogo veterotestamentario tra la rivelazione divina e l’assenso di fede dell’umanità. L’antica proibizione aniconica della legge mosaica sanciva l’impossibilità di rappresentare la storicità di Dio, vietandone la visibilità stessa con l’apodittico “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra” (Es 20,4).
Tuttavia la gradualità pedagogica della Rivelazione doveva compiere ancora il suo corso e Dio Padre attendeva la giusta maturazione del cammino storico dell’umanità prima di compiere il suo progetto salvifico e “per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10).
Solo quando la storia fu pronta per accogliere la levatura altissima della sua incarnazione e solo “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (Gal 4,4). Da quel momento e ormai da due millenni, l’uomo è abilitato alla ricerca del volto storico del Figlio di Dio incarnato nell’umanità di Gesù di Nazareth. La sua nascita “da donna” e “sotto la legge” spinge i ricercatori a determinare la circostanza storica e culturale della sua missione terrena. L’incarnazione abiliterà, in seguito, anche la stessa rappresentazione artistica del volto di Dio che nella visibilità terrena di Gesù di Nazareth, supera l’antica proibizione aniconica.
Il Gesù terreno non è più una realtà destinata a rimanere nel buio dell’irrazionalità storico-scientifica o del mito. La Chiesa di Cristo non è il vecchio “popolo che camminava nelle tenebre” e la “grande luce” che illumina l’incarnazione di Dio abilita la contemplazione reale del suo volto storico.
Il lungo e travagliato cammino di dialogo tra scienza e fede in merito alla ricerca storica su Gesù di Nazareth, trova la prima e significativa svolta a partire dalla provocazione protestante la quale sollecitò l’intelligenza cattolica con il Concilio di Trento e diede inizio al dialogo tra ricerca storica, teologia e magistero.
Il Concilio Vaticano II nella sua apertura alla cultura contemporanea in tutti i suoi aspetti, compresa la ricerca scientifica, nonché la sensibilità dei Pontefici che si inscrissero in questa prospettiva, incrementarono l’entusiasmo dei ricercatori i quali non risparmiarono le forze per amore della verità storica del Vangelo di Gesù.
di Fabio Ferrario