Il significato biblico

Il termine parabolè, dal verbo paraballo, significa “gettare avanti” ma esso è la traduzione dall’ebraico masal il quale abbraccia una gamma di significati che vanno dalla massima di saggezza, al detto proverbiale, al canto di scherno. La ripresa da parte di Gesù restringe il campo alla allegoria, con lo scopo “catechistico” di raccontare una storiella per facilitare la comprensione del messaggio.1 Lo scopo di Gesù è quello di forzare l’accostamento tra i personaggi della parabola e gli uditori della sua predicazione.

Mentre le parabole coglievano i primi ascoltatori nella sorpresa di sentirsi raccontati, per noi che conosciamo il “trucco” di Gesù, esse si propongono come comparazione con la nostra vita. Ovvero, mentre gli ascoltatori di Gesù erano ignari dell’analogia, noi questa la conosciamo e possiamo servircene per paragonare la nostra vita a quella del personaggio narrato e di conseguenza considerare gli insegnamenti di Gesù, validi per il nostro cammino di fede.

 

1 La moderna scienza narratologica, in particolare con Ricoeur e Jungel, parla di “eccedenza di senso” dell’esposizione narrativa, intendendo che attraverso l’utilizzo del racconto per esprimere un contenuto si ottiene da un lato la perdita dell’immediatezza comunicativa ma dall’altro si guadagna una trasmissione di senso più alta rispetto alla comunicazione immediata del concetto.

 

Lo stile parabolico

Non fu Gesù ad inventare le parabole. Egli riprende uno stile già in uso nella tradizione ebraica.2 L’esempio di parabola veterotestamentaria che maggiormente illustra l’escamotage utilizzato da Gesù, è l’episodio di Uria l’Hittita (2Sam 12,1-7).

I passaggi ritrovabili in questa ed in genere nello stile parabolico di Gesù sono i seguenti:

1) Il racconto inganna l’uditore, ignaro del suo coinvolgimento. Gesù è “astuto” nel nascondere bene le sue intenzioni prendendo le dovute distanze storiche e contestuali dalla vita dell’uditore, in modo da non destare sospetti sulle sue intenzioni.

2) L’applicazione alla circostanza e la provocazione dell’uditore che si sente chiamato in causa per esprimere il giudizio morale sul personaggio esposto nella parabola. Anche in questo caso, l’astuzia di Gesù fa leva sull’istinto dell’uditore, il quale opportunamente scandalizzato dal comportamento del personaggio narrato, non trattiene le parole di condanna.

3) L’uditore esprime un giudizio sul personaggio autocondannandosi e in questo modo l’ “inganno” di Gesù ha funzionato. L’uditore è caduto nella trappola ed ora Gesù può tirare le fila della sua costruzione.

4) L’accostamento tra uditore e personaggio che lascia il primo esterrefatto e senza parole davanti al senso comune, da lui stesso manifestato, che condanna anche senza pietà, il comportamento del personaggio, quindi il suo stesso comportamento.

 

2 Consideriamo che la cultura ebraica è priva di speculazione teoretica e per assimilare un concetto astratto deve rifarsi alla plasticità narrativa, con richiami all’esperienza quotidiana.

 

Le funzioni della parabola

La funzione letteraria della parabola è l’utilizzo tipico dell’allegoria nel suo significato retorico di nascondimento dell’accostamento personaggio – uditore, allo scopo di generare la suspence e l’amara sorpresa finale.

Dopo l’allegoria, la metafora subentra nel “trasferimento di significato” dalla vita del personaggio a quella dell’uditore.3

La parabola ha poi una funzione cristologica. Essa permette di conoscere meglio Gesù, scoprendo i comportamenti che Egli raccomanda, le categorie sociali a cui il credente è chiamato ad esprimere l’amore di Dio, infine la persona stessa di Gesù che lascia filtrare il suo destino di morte a causa dell’incomprensione umana.4

Nella parabola scopriamo la funzione ecclesiologica, ovvero come deve comportarsi la Chiesa, il popolo di Dio che accoglie gli insegnamenti di Gesù.

Con la funzione escatologica, la parabola permette di cogliere il criterio del giudizio finale, attraverso il rimando simbolico.5

La funzione mediatica è presente come “interfaccia” tra uomo e Vangelo. Attraverso il racconto parabolico, l’uditore è facilitato nella comprensione dell’intero messaggio evangelico.

Infine la funzione parenetica è l’invito derivante dal racconto, con cui Gesù esorta a camminare nella fede.

 

3 Ad esempio, nella parabola del buon samaritano (Lc 10,29-37), Gesù risponde alla domanda “chi è il mio prossimo?” con il noto racconto, per poi rigirare la domanda all’uditore “chi è stato il prossimo…?”.

4 È significativa in merito la parabola dei vignaioli omicidi che uccidono il figlio del padrone (Mt 21-22-45).

5 L’esempio migliore è nel discorso escatologico di Matteo con la parabola dei talenti (Mt 25,14-30).

 

Identificazione delle parabole

Non è facile calcolare quante parabole abbia raccontato Gesù. La difficoltà è dovuta alla classificazione avanzata dagli studiosi che oscilla da un minimo di 35 ad un massimo di 72.

Se pensiamo alla sobrietà dei racconti evangelici, capiamo che l’ampio spazio riservato alle parabole esprime una preferenza stilistica nella catechesi di Gesù ed invita i contemporanei annunciatori del Vangelo ad imitare le scelte del Maestro.

 

di Fabio Ferrario