Il documento “La verità storica dei Vangeli”, pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica nel 1964, esponeva la teoria dei tretempi riguardante la formazione dei Vangeli. Il problema è ora riuscire a distinguere ciò che proviene dal “primo tempo”, ovvero da Gesù stesso e siamo negli anni dal 28 al 30 d.C. circa, dal materiale originato dagli altri due tempi e cioè rispettivamente ciò che fu creato dalla tradizione orale tra il 30 ed il 70 d.C. ed il lavoro editoriale degli agiografi tra il 70 ed il 100 d.C.

I vari ricercatori si sono cimentati nell’elaborazione di svariati criteri di autenticità storica che a partire dall’opera pioneristica di R. Latourelle, arrivano ai giorni nostri con un’ampia gamma di possibilità. Nel presente lavoro mi limito ad elencare i criteri elaborati e ritenuti “primari” tralasciando l’ampio e discutibile numero di criteri “secondari” usati come ulteriore conferma dei risultati ottenuti dai primi.

Sono criteri che vengono applicati tout court all’analisi di qualunque documento antico, per vagliarne l’autenticità storica e che la correttezza scientifica della ricerca ha voluto applicare anche agli stessi Vangeli. È importante tenere presente che sono “criteri” e non “prove”, ovvero sono basati sull’analisi delle fonti e sull’esame delle diverse probabilità che un certo fatto sia realmente accaduto. Nel caso del Gesù storico diamo tutto come “possibile” a priori e l’uso dei criteri ci permette di passare dalla “possibilità” alla “probabilità” che la testimonianza degli evangelisti risponda a verità, quando riporta fatti e parole di Gesù.

Una seconda importante indicazione riguarda l’uso ‘complementare’ consigliato dagli studiosi. Nessun criterio deve avere pretesa di assolutezza nella sua singolarità ma solo un attento uso di un certo numero di criteri, combinati con la disponibilità ad una mutua correzione, può produrre risultati convincenti.

Dobbiamo a Francesco Lambiasi una sintesi significativa che analizza i vari criteri di autenticità storica dei vangeli. La sua opera divenne presto il riferimento per molti altri ricercatori come quelli che, sulle sue orme, arrivano alla Third Quest apportando il contributo della loro ricerca. Consideriamo ora il loro studio.

 

Di Fabio Ferrario

 

Criterio dell’imbarazzo

È da ritenersi assurdo, quindi impossibile, che la Chiesa primitiva abbia inventato qualche episodio della vita di Gesù nei suoi detti o fatti che le creasse imbarazzo e quindi ostacolasse la sua stessa affermazione nel tempo della sua espansione nel mondo. Il materiale imbarazzante proveniente da Gesù avrebbe potuto essere naturalmente soppresso o attenuato in stadi posteriori e spesso questa progressiva soppressione può essere rintracciata nei quattro vangeli.

Un esempio significativo lo possiamo trovare nei racconti del battesimo di Gesù (Cfr. Mc 1,4-11; Mt 3,13-17; Lc 3,19-22). Notiamo nei testi l’imbarazzo forte della Chiesa nascente di dover testimoniare la sottomissione di Gesù, senza peccato, al battesimo di penitenza per la remissione dei peccati predicato da Giovanni Battista. La laconicità e l’asprezza dei sinottici rivela tutta la perplessità degli evangelisti nel riportare l’episodio mentre il quarto Vangelo, alle prese con gli ultimi discepoli del Battista, preferisce nettamente omettere l’episodio.

 

Criterio della discontinuità

È il criterio che stabilisce l’originalità di un atteggiamento di Gesù a partire dalla mancanza di ‘continuità’ con l’ambiente giudaico del suo tempo e con la Chiesa primitiva della comunità post-pasquale. Un esempio forte e significativo su cui viene applicato il criterio della discontinuità è la proibizione assoluta del divorzio, avanzata da Gesù, in cui lo stesso atto di ripudio piuttosto consueto secondo certe scuole rabbiniche,3 viene bandito da Gesù (Cfr. Mt 19,1-9).

Se in passato ottenne apprezzabili risultati, in particolare quando fu applicato dalla New Quest, il criterio di discontinuità viene accettato dalla Third Quest con una certa cautela, in quanto la terza ricerca si propone di trovare gli elementi di continuità tra Gesù ed il Giudaismo piuttosto che le divergenze. Con questo criterio si può stabilire un nucleo sicuro di detti di Gesù a lui certamente attribuibili, ma non si possono escludere gli altri in blocco. Possono addirittura essere considerati autentici proprio per il motivo contrario, per la loro coerente ambientazione giudaica o coerente continuità con la Chiesa primitiva.

 

 

3 È nota la diatriba espressa in Mt 19,1-9 sulla questione del divorzio. Le due scuole di pensiero rabbinico oscillavano tra il rigorismo di Hillel ed il lassismo di Shammai che conobbe l’estremo nella scuola di Rabbi Akiba.

 

Criterio della molteplice attestazione

In base a questo criterio sono da ritenere autentici quei detti o fatti di Gesù confermati da più di una fonte indipendente, oppure in più di una forma o genere letterario.

Un significativo esempio di applicazione sono i detti sulla distruzione e purificazione profetica del tempio, riportati dalle fonti indipendenti Marco e Giovanni (Cfr. Mc 13,2; 14,58; Gv 2,19). Applicando il criterio di ‘molteplice attestazione’ occorre essere rigorosi nella scelta delle fonti canoniche evitando la deriva di considerare le fonti apocrife alla stessa stregua.

 

Criterio della coerenza

Non è un criterio autonomo non solo nel senso già esposto per cui è opportuna la complementarità tra vari criteri, ma anche perché esso può trovare applicazione solo se giustapposto ai primi tre che abbiamo considerato. Esso ci permette di valutare i dati storici non analizzati dai criteri precedenti ed accettarli come storicamente attendibili se mostrano una certa coerenza e correlazione storica con gli elementi ritenuti attendibili dai primi criteri. In pratica se alcuni detti rientrano nella funzionalità di comunicazione del Gesù storico vagliata dagli altri criteri, se ne può dedurre la loro l’autenticità.

 

È accettabile questo criterio che può essere definito tale iuxta modo in quanto gli studi filologici ed esegetici hanno condotto a risultati apprezzabili grazie anche al contributo delle Formgeschichte. Da essi sappiamo che la sintassi semitica fa spesso uso di parallelismi morfologici ed ideologici che usano sovente la negazione dell’antitesi per ribadire la tesi. Ciò che per la mentalità occidentale potrebbe apparire come grossolana aporia per gli orientali è solo una popolare modalità espressiva.

 

Criterio del rifiuto e dell'esecuzione

È un criterio interessante che non valuta il detto o fatto di Gesù ma l’atteggiamento di rifiuto dei suoi conterranei e connazionali che arrivarono a condannarlo ed ucciderlo. Su questa base è da ritenersi autentico ciò che provocò il rifiuto di detti e fatti di Gesù che nella sua predicazione fu tutt’altro che pacifista e conciliatore. Il Gesù storico minacciò, disturbò e irritò la gente, dagli interpreti della legge, passando per l’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme, fino al prefetto romano che alla fine lo processò e lo crocifisse.

La considerazione della fine tragica di Gesù non è un elemento da analizzare a conclusione della sua vicenda storica come se fosse semplicemente un triste epilogo. Ogni analisi del Gesù storico regge solo se riesce a giustificare il “rifiuto” di lui da parte della sua gente quindi le cause della sua stessa esecuzione capitale. “Venne tra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11) afferma Giovanni, non a caso nel prologo del suo Vangelo, quasi a proporsi inizialmente la tesi fondamentale da sostenere nella sua opera. Ogni configurazione storica di Gesù è plausibile solo se riesce a spiegare la sua morte tragica, anche se il significato più profondo glielo dà la fede.

 

Le Aperture della Third Quest

Il lungo cammino della ricerca storica ha conosciuto momenti di fascino e momenti di aridità ma la spinta motivazionale che continuamente entusiasma gli studiosi non si è attenuata. Dalla prima trattazione ad opera di H. Reimarus la storia della ricerca ha alternato il suo percorso dal versante strettamente storico fino all’estremo positivista, a quello di carattere prevalentemente teologico fino a sottomettere a sé la stessa istanza storica. Se l’alternanza ha spesso causato insabbiamenti nella ricerca ed inutili dispersioni speculative, i due versanti della ricerca non si sono mai annullati reciprocamente. Il Gesù storico è come il crinale di una montagna e i due versanti su cui corre sono la storia e la teologia: in alcuni tratti la ricerca procede prevalentemente sul primo versante ed in altri sul secondo ma senza mai che la scelta di tracciato abbia annullato il versante opposto. Il sereno equilibrio raggiunto ora dalla Third Quest ci permette di procedere alla luce dell’esperienza passata ma ci spinge provocatoriamente a chiederci il senso di questo sforzo.

Ai fini della fede semplice e genuina, quella che veramente dona la salvezza, dovremmo forse amaramente concludere che il nostro sforzo è inutile, tuttavia la ricerca sul Gesù storico può essere molto utile se ci si interroga sulla fede che cerca di comprendere, cioè la teologia, nel contesto contemporaneo.

Il requisito fondamentale della teologia contemporanea consiste nella sua capacità di entrare in dialogo con la cultura in cui vive, che ha assunto le categorie della valutazione scientifico-critica come cifra di attendibilità dell’esperienza reale. Solo se la teologia, nel suo proporsi oggi come autocoscienza della fede ed oggettiva proponibilità del messaggio cristiano a ‘questo’ uomo, continuerà ad accettare il fascino dell’odierna sfida culturale, entrando vivamente nel dibattito tra scienza e fede, allora la testimonianza dei credenti potrà avere la pretesa di proporsi come modello e costituire ancora “la città sul monte” ed “il sale della terra”. La pena per la sua rinuncia è quella di ridurre il cristianesimo a mera ideologia relegandolo negli archivi della storia del pensiero.

Propriamente compreso, il Gesù storico è un baluardo contro la riduzione della fede cristiana, in generale, e della cristologia, in particolare, a un’importante ideologia di qualsiasi genere. Il suo rifiuto di farsi intrappolare in qualunque scuola di pensiero è ciò che guida gli studiosi a intraprendere nuovi percorsi; di conseguenza, il Gesù storico rimane uno stimolo costante per il rinnovamento teologico.

 

Cfr. BAGATTI B., Alle Origini della Chiesa, vol.I, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 19852, p.131.

Cfr. PICCIRILLO M., Archeologia e Nuovo Testamento. Tracce Cristiane in Palestina, San Paolo, Cinisello

B.,1998, pp. 59-64.

 

Gv 1,14.