Morto per mano del boia per la sua .eroica resistenza al nazismo, il tedesco Bonhoeffer è il rivoluzionario della teologia, che avviò su strade più consone al mondo “ secolare ”, “ laico ” dell'era spaziale. Ma tutto ciò nasce da un amore ardentissimo per il Cristo, quell'“ uomo per gli altri ” in cui Bonhoeffer additò il modello dell'umanità nuova.

 

BONHOEFFER DIETRICH (1906-1945)

 

Il corpo di Cristo.

Dobbiamo volgere prima di tutto il nostro sguardo all'immagine del corpo di Gesù Cristo, incarnato,crocifisso e risorto. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio si è unito all'umanità, l'ha adottata tutta quanta, e ha riconciliato con sé il mondo. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio ha preso su di sé e ha portato il peccato. di tutto il mondo.

Non v'è dunque neppure un angolo del mondo, per quanto perduto ed empio, che Dio non abbia accolto in Cristo e riconciliato con sé. Chi guarda per fede il corpo di Gesù Cristo non può più parlare del mondo come se fosse perduto e lontano da Cristo; non può più separarsi dal mondo in un atteggiamento di alterigia clericale. Il mondo appartiene a Cristo e soltanto in lui è quello che è.

Ha bisogno di Cristo e di niente di meno. Tutto sarebbe rovinato se si volesse riservare Cristo alla Chiesa e concedere al mondo solo una qualche legge, magari cristiana. Cristo è morto per il mondo, e soltanto nel mondo Cristo è Cristo. Dare al mondo qualche cosa di meno che Cristo (sia pure ovviamente per buoni motivi pedagogici, che però puzzano di clericalismo) è pura e semplice incredulità; vuol dire non prendere sul serio l'incarnazione, la morte sulla croce, la risurrezione corporale: vuol dire, in definitiva, rinnegare il corpo di Cristo.

Quando il Nuovo Testamento applica il concetto di corpo di Cristo alla comunità cristiana, non intende affatto sottolineare in primo piano la separazione della comunità dal mondo, ma piuttosto, seguendo le linee delle dichiarazioni neotestamentarie sull'incarnazione di Dio in Cristo, vuole affermare che nel corpo di Cristo tutti gli uomini sono accolti, inclusi, sostenuti, e che la comunità dei credenti deve annunziare tutto ciò al mondo con le parole e con gli atti.

Non si tratta quindi di separazione dal mondo, ma di chiamare il mondo a entrare nella comunione di quel corpo di Cristo a cui in realtà già appartiene.

Questa testimonianza della comunità è estranea al mondo, e la comunità che la reca si sente anch'essa estranea al mondo, ma tutto ciò è soltanto la conseguenza sempre rinnovata di quella unione con il mondo che è data nel corpo di Cristo. La comunità si distingue dal mondo unicamente perché ammette per fede la realtà dell'adozione che Dio estende al mondo intero, perché lascia che questa realtà agisca su di lei, e così facendo ne attesta la portata universale.

Il corpo di Gesù Cristo, specialmente come ci appare sulla croce, rivela ai credenti un mondo peccatore e amato da Dio, e indica in pari tempo la comunità come raggruppamento di coloro che riconoscono i loro peccati e accettano l'amore di Dio.

 

L'esigenza totale ed esclusiva di Cristo

"Chi non è contro di noi è per noi" (Mc 9,40). Cristo, nel delimitare la cerchia di coloro che gli appartengono, la rende più ampia di quanto i suoi discepoli non desiderino e non facciano. Nel caso concreto a cui si riferisce questo detto di Gesù, si trattava di un uomo che, senza essere personalmente discepolo o seguace di Gesù, cacciava i demoni nel suo nome. Gesù vieta ai discepoli di impedirglielo, poiché "nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome può subito dopo dir male di me" (Mc 9, 39). Là dove il nome di Gesù è ancora nominato (sia nell'ignoranza o nella mera conoscenza del suo potere oggettivo a cui non segue un'obbedienza personale, sia con balbettamenti o con imbarazzo), ivi esso crea uno spazio in cui non ha posto l'offesa a Gesù, ivi esiste ancora una sfera in cui regna il potere di Cristo, ivi non bisogna intervenire dall'esterno ma lasciare che il nome di Gesù Cristo operi.

La pura e semplice menzione del nome di Gesù esercita un potere di cui non si ha l'idea: questa è un'esperienza dei giorni nostri; e la resistenza interiore che si deve vincere per pronunciare quel nome è forse un presentimento della potenza che gli è inerente. Il nome di Gesù Cristo, là dove è pronunciato, dà protezione e stabilisce un vincolo. Ciò vale per tutti gli uomini che nella loro lotta per il diritto, la verità, l'umanità e la libertà hanno di nuovo imparato a pronunciare il nome di Gesù, sia pure con grande esitazione, ma con reverente timore. Questo nome dà protezione a loro stessi e agli alti valori che essi difendono, ma in pari tempo rivendica come propri quegli uomini e quei valori.

"Chi non è con me è contro di me" (Mt 12, 30). Queste parole sono anch'esse pronunciate da Gesù: mentre in astratto queste due frasi si contraddicono a vicenda irrimediabilmente, in realtà sono inseparabili. Anche in questo caso l'esperienza viva ci dà ragione: quando sotto la pressione di potenze anticristiane si formarono comunità chiaramente confessanti che dovevano cercare nella rigorosa disciplina della dottrina e della vita una netta decisione per Cristo o contro Cristo, e quando nel vivo della lotta queste comunità confessanti dovettero riconoscere che la mentalità di molti cristiani costituiva il massimo pericolo di disgregazione interna e di cedimento della Chiesa, anzi, costituiva una vera ostilità a Cristo, quando l'esigenza di una chiara confessione di fede in Cristo stava riducendo sempre più la schiera dei cristiani confessanti, quando dunque il detto "Chi non è con me è contro di me" divenne per la comunità cristiana un'esperienza vissuta, allora precisamente questo concentrarsi sull'essenziale diede alla comunità una libertà interiore e un'ampiezza di orizzonti che la liberarono dal timoroso impulso a tracciare limiti troppo angusti, allora si radunarono intorno a lei uomini provenienti da cieli lontani ai quali essa non poté negare solidarietà e protezione, allora il diritto offeso, la verità repressa, il senso di umanità umiliato, la libertà violentata si avvicinarono alla Chiesa, o piuttosto al suo Signore Gesù Cristo, e allora anche l'altra parola di Gesù divenne un'esperienza vivente: "Chi non è contro di noi è per noi".

I due detti sono inseparabili: l'uno esprime il carattere esclusivo dell'esigenza di Gesù Cristo, l'altro il suo carattere onnicomprensivo.

Quanto più esclusivo, tanto più libero. Ma l'esigenza di esclusività, da sola, conduce al fanatismo e alla schiavitù; l'esigenza di totalità, da sola, porta alla mondanizzazione e al cedimento della Chiesa. Quanto più esclusivi sono il nostro riconoscimento e la nostra confessione di Cristo quale Signore, tanto più vasto ci si rivela il suo dominio.

Non la speculazione metafisica, non un teologumeno sul lógos spermatikós, ma le sofferenze concrete causate dall'ingiustizia, dalla menzogna organizzata, dall'inumanità e dalla prepotenza, e ancora, l'oppressione del diritto, della verità, dell'umanità e della libertà han fatto sì che gli uomini a cui queste cose stavano a cuore fossero spinti verso la protezione offerta da Gesù Cristo, e perciò anche verso l'esigenza che egli impone; in pari tempo han fatto sì che la comunità di Gesù Cristo prendesse coscienza dell'ampiezza della propria responsabilità.

Il rapporto tra Chiesa e mondo non ci si presenta più oggi sotto l'aspetto di una tranquilla e costante espansione del potere del nome di Cristo, come avveniva nel medioevo; e neppure sotto la forma di un tentativo, simile a quello degli apologisti dei primi secoli dell'era cristiana, di giustificare dinanzi al mondo il nome di Gesù Cristo, di renderlo udibile e accettabile richiamandosi a nomi e valori del mondo, ma ci si presenta in quel riconoscimento dell'origine nato e donatoci nella speranza, ci si presenta in quell'accorrere a Cristo causato dalla persecuzione.

Non è Cristo che deve giustificarsi dinanzi al mondo riconoscendo il valore del diritto, della verità e della libertà, bensì sono questi valori che hanno avuto bisogno di giustificazione, e la loro giustificazione non ha altro nome che Gesù Cristo. La situazione non è quella in cui una "cultura cristiana" debba ancora rendere accettabile al mondo il nome di Gesù Cristo, bensì quella in cui Cristo crocifisso è diventato asilo, giustificazione, protezione di quei beni che reclama come suoi, nonché dei loro difensori, vittime della sofferenza.

Il Cristo perseguitato e sofferente nella sua comunità è quello presso cui cercano rifugio il diritto e la verità, l'umanità e la libertà; il Cristo che non trovava asilo nel mondo e che il mondo ha cacciato fuori, il Cristo della mangiatoia e della croce, è quello di cui si corre a cercare la protezione e che in tal modo rivela finalmente tutta l'immensità del suo potere. La croce di Cristo conferisce verità ai due detti: "Chi non è con me è contro di me" e "chi non è contro di noi è per noi".