Carducci è noto come poeta prevalentemente pagano e anticristiano, e tutti ricordiamo la sua famosa invettiva contro il “galileo di rosse chiome”. Ma c'è anche un altro lato, nella sua complessa figura di uomo e di poeta.
CARDUCCI GIOSUE' (1835-1907) Quattro passi di poesia e due di prosa
Ecco quattro poesie, o parti di poesie carducciane: la prima è addirittura un componimento giovanile in onore del Corpus Domini; nella seconda il poeta contrappone Cristo, maestro di mitezza, a certi cruenti rigori dello Stato pontificio; nella terza rievoca, in un'innamorata contemplazione, i bei giorni di Galilea rallegrati dalla soave presenza di Gesù; nella quarta ci dà una splendida immagine della Resurrezione di Cristo, unendola al risveglio della natura primaverile. Ed ecco anche due prose. Nella prima mette in rilievo l'impulso di rinnovamento sociale che la Rivoluzione francese doveva attingere alla predicazione di Gesù; nella seconda immagina che san Marino invochi Cristo e la dottrina di Cristo contro un cardinale che, con l'intimidazione e l'inganno, voleva asservire la Repubblica del Monte Titano.
Lauda spirituale
Togliete, umana gente,
togliete via le porte:
io veggo a voi venirsene un potente
che mena gloria ed ha vinto la morte.
Non sorge innanzi a lui suon di paura,
non compianto di turba dolorosa:
sì da fargli festa tutta la natura
adorna in vista di novella sposa.
Date il lauro immortal, date la rosa,
fanciulle, in suo cammino,
con la bianchezza del fior gelsomino.
Ecco, ei viene il re forte incoronato
con segno di vittoria in mezzo a nui:
fuggon dal volto suo morte e peccato,
movon pace e salute ad un con lui.
Viene il signor che de' ribelli sui
in sé portò la pena,
e ne ricomperò con la sua vena.
Ei ne si fece nel dolor consorte,
e tolse i nostri pesi e tolse l'onte:
stiè nera intorno a lui l'ombra di morte,
né volse il padre al chiamar suo la fronte,
quel di che rimirando al sacro monte
uscir de' sepolcreti
i santi d'Israele ed i profeti.
Egli è l'Isacco del buon tempo antico
che porge al ferro il bel collo gentile,
e guarda il percussor con volto amico,
e gli si atterra semplice ed umile:
né il tien pietà del suo fior giovenile
né de la fine amara
né de gli amplessi de la madre Sara.
Ed or la morte sua testimoniando
qui seco trae la diva umanitade,
tutto di gioia intorno irradiando
sì come sole ch'ogni nebbia rade;
e gli alberghi del pianto e le contrade
ove mortale è il lume
ei conforta del suo presente nume.
A lui ne' regni de la sua vittoria
reggia s'estolle d'artificio mira:
cingelo come nube la sua gloria,
e molto amore angelico lo gira.
Voli dal loco ove il dolor sospira
e vive morte e regna,
voli il mio canto a lui che sì ne degna:
E gli appresenti il duol de la sua gente
che dal ben dilungata al ben desia,
come cerva per sete a rio corrente,
come augel preso a l'aere natia.
Ei da la spera che più in lui s'indìa
mandi benigno un raggio
a chi più affanna ed erra in suo viaggio.
Levate, umana gente,
levate su le voglie
e i petti casti a questo re clemente
che quale a lui si volga in fede accoglie.
Per le stragi di Perugia
Non più di frodi la codarda rabbia
pasce Roma nefanda in suo bordello;
sangue sitisce, e con enfiate labbia
a' cattolici lupi apre il cancello;
e gli sfrena su i popoli, e la sabbia
intinge di lascivia e di macello:
e perché il mondo più temenza n'abbia,
capitano dà Cristo al reo drappello;
Cristo di libertade insegnatore:
Cristo che a Pietro fe' ripor la spada,
che uccidere non vuol, perdona e muore.
Fulmina, Dio, la micidial masnada;
e l'adultera antica e il peccatore
ne l'inferno onde uscì per sempre cada.
Per Giuseppe Monti e Gaetana Tognetti
Oh, allor che del Giordano a i freschi rivi
traea le turbe una gentil virtù
e ascese a le città liete d'ulivi
giovin messia del popolo Gesù,
non tremavan le madri; e Naim in festa
vide la morte a un suo cenno fuggir
e la piangente vedovella onesta
tra il figlio e Cristo i baci suoi partir,
Sorridean da i cilestri occhi profondi
i pargoletti al bel profeta umìl;
ei lacrimando entro i lor ricci biondi
la mano ravvolgea pura e sottil.
Sabato Santo
Per il natalizio di M. G.
Che giovinezza nova, che lucidi giorni di gioia
per la cerula effusa chiarità de l'aprile
cantano le campane con onde e volate di suoni
da la città su' poggi lontanamente verdi!
Da i superati inferni, redimito il crin di vittoria,
candido, radiante, Cristo risorge al cielo:
svolgesi da l'inverno il novello anno, e al suo fiore
Già in presagio la messe già la vendemmia ride.
Ospite nova al mondo, son oggi vent'anni, Maria,
tu t'affacciasti; e i primi tuoi vagiti coverse
Doppio il suon de le sciolte campane sonanti a la gloria:
ora e tu ne la gloria de l'età bella stai,
stai com'uno di questi arboscelli schietti d'aprile
che a l'aura dolce danno il bianco roseo fiore.
Volgasi intorno al capo tuo giovin, deh, l'augure suono
de le campane anch'oggi di primavera e pasqua!
cacci il verno ed il freddo, cacci l'odio triste e l'accidia,
cacci tutte le forme de la discorde vita!
Da Ça ira
Ahimè, tutta la storia umana è un'orribile marea di sangue; e la corrente che vi passa in mezzo più rapida più
rofonda più nera è di quello versato dai re dai nobili dai preti pur fuori della guerra guerreggiata. I due versi
he suonan lanterne e impiccagioni furono, ben ricorda l'onorevole Bonghi, solo più tardi aggiunti alla
canzone, che in principio cantava:
Celui qui s'élève on l'abaissera
Et qui s'abaisse on l'élèvera,
ove l'onorevole Bonghi ha il torto di non vedere e riconoscere altro che "il veleno della gelosia tra le classi; il veleno di non volere, chi è giù, tollerare niente che gli stia di sopra, e di non c'essere altra meta alle società umane, che a non lasciarci nulla che si elevi". Oh no, questi due versi sono il verbo della missione di Gesù: "Chiunque s'innalza sarà abbassato, e chi si abbassa sarà innalzato" (Luca, XIV, 11). Che se vogliamo discutere della civiltà di quella missione, discutiamo pure, ma altrove; per ora stia fermo che la Rivoluzione francese fu un moto storico altamente cristiano, che la canaglia sanculotta strillando il Ça ira cantava le massime del Nazareno, il quale anche affermava essere venuto in questo mondo a portare non la pace ma la spada. Per ciò veda l'onorevole M. T., che se la ribalda canzone giacobina ha degli accenti pur troppo feroci, - qual è angolo della storia donde non si odano urli di iene più spesso che ruggiti di leoni? - ne ha pure di quelli che risuonano con evangelica semplicità il sociale rinnovamento predicato da Gesù.
La libertà perpetua di S. Marino
Monsignor vescovo in gran paramento era giunto al leggere del vangelo, e sua Eminenza teneva aperto su le ginocchia il libro degli evangelii. A questo punto, se una favilla a pena di quella fede onde recavasi testimonio e presentavasi segnacolo quel libro, se una favilla, dico, di quella fede avesse pur guizzato moribonda nello spirito del cardinale, egli avrebbe dovuto scuotersi e balzare in piedi esterrefatto. Egli avrebbe dovuto veder muovere e assorgere di sotto l'altar maggiore dalla sua tomba Marino, e alto, diritto, terribile, erto il capo, con la gran barba ondeggiante, liso in lui l'occhio, il braccio, il dito, tonargli - Prete, che è questo? Viensi egli con la musica co' soldati e col boia nella chiesa dei poveri di Cristo a scoronar me, a cacciar del retaggio i miei figli? Questa chiesa l'ho fatta a loro io, questa libertà l'ho data a loro io, questa terra l'ho lasciata a loro io, io tagliatore di pietre e confessore di Cristo. E tu, ortolano di Firenzuola scappato dal lavoro in sagrestia, tu ammantellatoti di Cristo per oro e argento, tu. che vuoi qui? Tu hai rovinato la Spagna, volevi annuvolare la guerra civile su Parigi, volevi condurre i Turchi in Ungheria. Va, va, piacentiere dei bastardi di Francia: va, va, paraninfo e aizzatore di mogli e drude reali! Fuori dalla chiesa di Cristo, o prete sacrilego! fuori dal tempio dei liberi, o cortigiano guastatore di regni! - Certo l'arido cuore e il perverso intelletto del cardinale nulla sentì di tutto questo, ma lo spirito di Marino invase il suo popolo.
Il Signore della danza
Il filosofo Nietzsche ha affermato:
“Potrei credere solo in un Dio
che sappia danzare!”.
Il Dio della Bibbia, il Dio di Gesù Cristo è il Signore della danza, della gioia. Vuole la nostra gioia, fa di tutto perché la nostra vita sia un banchetto di nozze. Ci guarda negli occhi con sguardo d’amore e ci invita alla festa. Forse siamo noi che non abbiamo il coraggio di addentrarci nell'avventura evangelica e ce ne andiamo via tristi... Ma Lui insiste: Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Giovanni 15, 1l).
“Danzavo per lo scriba e per il fariseo.
ma non hanno voluto né danzare né seguirmi. Danzavo per i pescatori,
per Giacomo e per Andrea,
mi han seguito e sono entrati nella danza. Danzavo il giorno del Sabato
e guarivo il paralitico,
e i giusti han detto che era una vergogna. Mi hanno frustato e lasciato nudo
e mi hanno appeso in alto su una croce
per morirvi.
Danzavo il venerdì.
quando il cielo divenne tenebre...
Oh, quant'è difficile danzare
con il demonio sulla schiena!
Hanno sepolto il mio corpo,
hanno creduto che fosse finita...
Ma io sono la Danza e guido sempre il Ballo. Guiderò la danza di tutti voi
ovunque voi siate,
guiderò la danza di tutti voi.
Han voluto sopprimermi
ma son balzato ancora più in alto,
perché io sono la Vita che non può morire ed io vivrò in voi e voi vivrete in me,
perché io sono - dice Dio
il Signore della Danza”.
Sidney Carter