Il poeta e saggista francese si convertì al cattolicesimo dopo aver meditato su Rimbaud. Ci ha lasciato pagine di una religiosità fremente e di una fede compatta

 

CLAUDEL PAUL (1868-1955)

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Davvero è Natale

 

Uno stelo è sorto da David, un fiore dalla radice di Jesse,

La persona di David è uscita dal seno della Vergine senza peccato!

Ecco la carne della nostra carne, ecco il Fanciullo-con-Dio che noi abbiamo voluto

Riprendere piena l'eredità che Satana ci aveva strappato.

Il suo nome è Ammirabile, Consigliere, Dio-forte,

Padre-del-secolo-futuro, Principe-della-pace!

Angeli della Persia e di Grecia! Angelo di Roma! Angelo del Nord e di quelli del mare!

O pastori di popoli ciechi nella notte, veglianti una veglia amara!

Da gran tempo come il grido che le sentinelle ripetono di torre in torre,

Da un capo all'altro del mondo, voi vi passate la notizia sul far del giorno!

Ora, come il suddiacono dal diacono e questi dall'officiante, quando ha ricevuto la pace;

Va verso il primo dei suoi fratelli ordinati nel coro e salutandolo con rispetto,

Gli mette le mani sulle spalle e la guancia contro la guancia;

Così il messaggero che da una galera all'altra annuncia la liberazione dai ceppi.

E presto, in mezzo al fumo e all'oro ed al fuoco, dal pontificante che officia all'altare,

Preceduto dal turibolo e dalle trombe si muove il solenne corteo,

Dell'araldo che sale l'ambone, annunziando l'universale Vangelo!

“È nato il divino Fanciullo! ” E voi anche ascoltate il significato di questo canto!

Voi, Patriarchi, che l'Inferno rinserra nell'immensa fossa!

La radice oscura sente nel cuore del suo fogliame sbocciare la sua benedizione.

L'albero di Vita ove nasce il frutto eterno si scuote nelle sue generazioni:

Ecco l'ammirevole maschio che una Vergine pone nelle braccia di Simeone!

Madri e Patriarchi, rallegratevi, antenati di Gesù Cristo.

Dal seme uscito dal vostro seme è nato il Vendicatore di cui è scritto.

E fra poco, attraverso tutti i morti generati l'uno dall'altro che la ricoprono,

La terra sino al profondo trema e si spacca.

Dalla tortura e dalla nera prigione si elevano voci estenuate

Delle anime gementi che esclamano: “O figlio, sei giunto! ”

Fino a che lo stesso Vivente passa attraverso la soglia della morte che non ha creato

E precedendo l'Anima-Dio, nel Sabato della sua discesa,

Un Angelo batte con un colpo formidabile alle porte che rimbombano.

 

Ormai l'alba imbianca nel deserto, di questo giorno che non finirà,

Il punto del nostro primo giorno cristiano, l'anno

Primo della grazia e della nostra salvezza!

Qui, e vicino, Dio resta sempre con noi,

Fintanto che vorremo essere con lui e nemmeno, perché corto è il nostro volere.

E subito rifacciamo il male, ma abbiamo un rifugio

In questo cuore nel tabernacolo così dolce con noi e pieno d'amore!

Davvero è Natale, tutto d'oro purissimo che nessun male corrode.

Domani, giacché così succede, serviremo il crudele Erode,

Riprendendo l'utensile dell'artigiano e la sedia dell'impiegato.

lo, però sono nella gioia divina, come Giuseppe il falegname,

Vedendomi vicino questo bambino che è Nostro Signore,

E Maria, madre nostra, che tace e tutto conserva nel cuore.

 

Il Volto Santo

 

Non potrai cancellare dal tuo cuore un'immagine,

L'immagine che non è se non quella impressa sul lino della Veronica.

Un volto affilato e sottile, e una lunga barba ne circonda il mento.

E tale è l'austerità dello sguardo, che atterrisce, e tale la santità,

Che l'antico peccato, radicato in noi,

Freme nelle sue più intime radici, e tale la profondità del dolore da quel volto espresso,

Che noi, sconvolti, siamo come fanciulli quando, senza comprendere, vedono piangere il padre: piange!

Invano, Ivors, vorresti spiegare innanzi a quello sguardo la gloria e lo splendore del mondo;

Quegli occhi che con un solo sguardo hanno creato l'universo

Sono volti a terra, e lacrime severe ne sgorgano;

Dalla fronte trasudano gocce di sangue.

Ma ora contempla, figlio, la bocca del tuo Dio, la bocca del Verbo,

L'amarezza che essa conosce, la parola a se stessa incomprensibile che assapora.

Poiché le labbra, vedi, si schiudono in un sorriso atroce.

Ed egli piange, con tutto il suo essere, come piangono i bambini quando dalle labbra lasciano sfuggire la

aliva!

Non vi è pane per noi, figlio, fino a quando dovremo consolare quella sofferenza.

La sofferenza del Figlio dell'Uomo, che ha voluto prendere su di sé il nostro delitto.

La sofferenza del Figlio di Dio:

Che Egli non possa offrire al Padre nel mistero del Sacrificio l'uomo nella sua interezza.

 

La solitudine sulla terra


L'Onnipotente è vinto. Egli non può! Ha creato cielo e terra e non può vincere questa semplice creatura che rifiuta! Questo fanciullo, non vi è speranza, non lo conquisterà mai. Quella scintilla di Se Stesso nell'intimo del ribelle, non la riprenderà più. Non Lo vogliono. Mostra agli uomini l'inferno, e gli uomini ridono. Una minaccia vecchia. Indica agli uomini il cielo e la terra, e gli uomini non vogliono. Lui Stesso scende sulla terra, Lui Stesso si offre, si cinge i fianchi, si prosterna ai nostri piedi, li prende, li bacia, li bagna con le sue lacrime. Gli uomini lo respingono con orrore, con odio, con ironia, o lo respingono - ed è, questa, la peggiore offesa con annoiata sufficienza, sbadigliando, con esasperata mollezza. Non pensano valga neppure la pena di discutere. “Ma via! Quando la smetterà! Ne abbiamo abbastanza di queste storie! Basta! Che ci lasci in pace! ”E ora il Figlio di Dio è sulla croce. Affronta la prova suprema, e da ogni parte viene attaccato: ed Egli si strazia, il costato si fende, il cuore è allo scoperto e pare quasi che sgorghi dal petto. Ma sul viso dello spettatore, un viso che noi conosciamo, appare appena una smorfia di disgusto. “Che ora è?”