Nelle pieghe di un'opera letteraria in apparenza tutta dedicata ad un solare o notturno paganesimo, il Cristo è un trasalimento frequente e non epidermico. Lettore attento dei Vangeli e di molti testi di cristologia, D'Annunzio subì il fascino di quel Mistero che sommuoveva le radici della sua religiosità.

 

D'ANNUNZIO GABRIELE (1863-1938)

 

Gesù è il risuscitato

Ho riletto il racconto della Passione nell'Evangelo di San Giovanni. Quante volte mi sono accinto ad affrontare l'argomento, e n'ho tremato! Mi sembra che nessuno fino ad oggi abbia rappresentato con la potenza e la vastità necessarie quell'intima tragedia (la più chiusa e profonda ch'io conosca) la quale incomincia dal punto in cui subitamente, come il nuvolo su i monti di Moab alla fine della state, viene sul figlio dell'uomo l'ombra della morte. Nel portico di Salomone, ricorrendo la festa della dedicazione in Gerusalemme, ai Giudei che l'attorniano ostili egli dichiara: “lo e il Padre siamo una medesima cosa.” I Giudei levano le pietre contro a lui per lapidario. Egli riesce a scampare dalle loro mani; e se ne va nascostamente di là dal Giordano, al luogo ove Giovanni prima battezzava; E quivi dimora per fuggire quelli che vogliono pigliarlo. La certezza della morte prossima e violenta gli appare quando appunto egli confonde se stesso col Padre, quando egli afferma d'esser uno col Padre, quando dice: “Se io non fo l'opere del Padre mio, non crediatemi; ma se io le fo, benché non crediate a me, credete all'opere, acciocché conosciate, e crediate che il Padre è in me, e ch'io sono in lui. ” Incrollabilmente egli crede nel suo messiato, ha la profonda coscienza della sua dignità messianica; ma ecco che la persecuzione e la morte gli sovrastano, ecco che sta su lui la possibilità di disparire, prima che il Regno. sia instaurato, ecco ch'egli Mandato da Dio deve conciliare nel suo spirito sbigottito l'accettazione del patimento e del supplizio con la perfezione del suo compito regale. Qui comincia la sua meravigliosa angoscia; e qui veramente la forza del dramma ci afferra alle viscere.

Non parlo come esegeta ma come poeta; e tra tutti i miracoli eleggo il più patetico: la resurrezione di Lazaro. Cristo in Betabara è il primo episodio; Cristo in Betania è il secondo. Al ricevere il messaggio delle due sorelle, egli dice ai suoi discepoli: “Andiam di nuovo in Giudea. ” I discepoli gli dicono: “Maestro, i Giudei pur ora cercavan di lapidarti, e tu vai di nuovo là? ” Essi gli oppongono l'immagine della morte orribile e ignominiosa; ed egli in quel punto vède il mistero della morte dinanzi a sé, nella carne di colui ch'egli ama. “Lazaro è morto” egli dice. Negli apocrifi copti l'Evangelo dei dodici Apostoli reca la scena singolare tra il maestro e Didimo: materia eccellente da elaborare. Ma quel che più mi tocca è il pianto di Gesù dinanzi al monumento non anche scoperchiato.

Il cadavere quatriduano pute. Al grande grido, si leva fasciato di bende. Ora, secondo quell'evangelo apocrifo, Adamo nell'Amenti, nella dimora dei morti, ode la voce; ode la Voce che chiama Lazaro; spinge Lazaro fuor dell'Amenti e invia un messaggio a colui ch'ei chiama il suo creatore. Il fratello di Marta e di Maria è dunque rimasto quattro giorni nella dimora dei morti, egli conosce dunque il mistero .del trapasso, egli ha veduto quel che è di là. Novamente minacciato da coloro che avevan preso insieme consiglio di ucciderlo, Gesù novamente sfugge: prende la via del Deserto, s'incammina verso la contrada vicina del Deserto, verso Efraim. Ma certo la sua anima è tratta in dietro verso il risuscitato che, sciolto dalle bende, sanato della putredine, s'è colco sul giaciglio nella casa delle sorelle. Premuto da un'ansia spaventosa, Gesù lascia sul cammino i discepoli e torna in dietro solo, a notte fonda. Egli rientra nel castello di Betania, batte alla porta di Lazaro; e riappare dinanzi a colui che per quattro giorni stette nella dimora dei morti.

Io vorrei aver la forza d'immaginare e di scrivere quel colloquio notturno, avvenuto nella camera alta, mentre le bende funebri intrise d'unguento radunate in mucchio rendevano odore e udivasi di quando in quando il sommesso gemito roco delle colombe nella cova, a luna logora.

 

Il Bambino Gesù

La fede consacrava tutte le forme vegetali intorno. La leggenda cristiana si avvolgeva ai tronchi, fioriva tra i rami. - Nel grembiule della Madonna fuggiasca, inseguita dai Farisei, il Bambino Gesù si mutava in frumento traboccante. Nascosto nella madia, faceva lievitare la massa del pane rendendola inesauribile; Su i lupini secchi e spinosi che avevano ferito i dolci piedi della Vergine, pesava una maledizione; ma il lino era benedetto perché con le sue onde aveva abbagliato i Farisei. Benedetto era anche l'ulivo perché aveva ospitato la Famiglia nel suo tronco aperto a guisa di capanna e l'aveva illuminata col suo olio puro. E benedetto era il ginepro che aveva tenuto chiuso in sé l'Infante; e benedetto l'agrifoglio per lo stesso atto cortese; e benedetto l'alloro perché prodotto dal suolo asperso dell'acqua già data in lavacro al figliuolo di Dio.

Come sfuggire al fascino del mistero che si diffondeva su tutte le cose create trasfigurandole in segni ed in emblemi d'un'altra vita?