Il discusso gesuita e paleontologo francese considera la vita dell'uomo una grande avventura cosmica che ha lo scopo di recare a Dio l'universo: in essa il Cristo è un principio universale di vitalità che dirige l'ascesa generale delle coscienze.

 

DE CHARDIN PIERRE TEILHARD (1881-1955)


Creare, completare e purificare il mondo, come già leggiamo negli scritti di Paolo e di Giovanni, ha per Dio il significato di unificarlo unendolo organicamente a sé. Ora, come procede per unificarlo? Si immerge parzialmente nelle case, si fa “ elemento” e, successivamente, grazie al punto di appoggio trovato interiormente nel cuore della materia, assume la direzione e si mette alla testa di ciò che noi, ora, chiamiamo l'evoluzione. Principio di universale vitalità, il Cristo, per il fatto di essere sorto uomo tra gli uomini, si è messo in posizione di poter piegare - e da sempre sta difatti piegando - sotto il suo dominio, epurandola, dirigendola e superanimandola, l'ascesa generale delle coscienze nella quale si è inserito. Mediante una perenne azione di comunione e di sublimazione, Egli si aggrega l'intero psichismo della terra. E allorché avrà in questo modo radunato tutto e trasformato tutto, raggiungerà in un gesto finale il Focolaio divino dal quale non è mai uscito, e si racchiuderà così su se stesso e sulla sua conquista. E allora, dice San Paolo, “ non ci sarà più che Dio, tutto in tutti ”. Forma superba di “panteismo ”, in verità, senza traccia avvelenata di mescolanza né di annientamento. Attesa di perfetta unità, nella quale, per il fatto stesso della propria immersione, ogni elemento troverà, contemporaneamente all'universo, la sua consumazione.

 

Teilhard continuò a scrivere pur senza pubblicare nulla. Non tenne discorsi se non su argomenti scientifici, ma continuò a riflettere e a scrivere. Continuò a sperare in Gesù risorto che in qualche modo i suoi scritti e le sue idee potessero un giorno aiutare la gente e la Chiesa. Continuò a sperare fino alla morte, quella domenica di Pasqua del 1955, celebrazione della speranza. E, dopo la sua morte, le sue speranze si concretizzarono.

 

Domani

Domani? Ma chi può davvero garantirci un domani? E senza la garanzia che ci sia un domani; possiamo davvero continuare a vivere, avendo ricevuto - forse per la prima volta nella storia - il dono terribile di guardare avanti? La nausea del vicolo cieco... l'angoscia di sentirsi in trappola. Questa volta finalmente abbiamo messo il dito sulla piaga.

 

Come ho già detto, ciò che rende specificamente moderno il mondo in cui viviamo è il fatto di aver scoperto, nel mondo e intorno ad esso, l'evoluzione. Ma permettetemi di aggiungere che ciò che mette a disagio il mondo moderno fin nelle radici è il fatto di non poter essere sicuro, di non capire come potrebbe mai essere sicuro che quell'evoluzione possa avere uno sbocco, un esito felice.

 

Agli occhi della fede, anziché un vago centro di convergenza immaginato come il fine ultimo di questo processo evolutivo, appare la realtà personale e definita di Gesù Cristo.

 

In un mondo certamente disposto a porre il proprio vertice in Cristo Gesù non rischiamo più di morire soffocati.

 

 

Riflessioni per la preghiera

 

C'è una via d'uscita per il genere umano, per il mondo. L'universo non è chiuso. La fede ci dice che questo mondo è diretto verso un punto focale futuro, il secondo avvento di Cristo. È questa la via d'uscita del mondo, la sua trasformazione nel mondo venturo alla fine di questo mondo.

 

E c'è un'ultima prospettiva felice, promessa a ciascuno di noi, c'è una via d'uscita. Gesù risorto è questa via. Così come verrà alla fine del mondo, egli viene a ciascuno di noi che crediamo e speriamo in lui; è con ciascuno di noi ora e verrà a ciascuno di noi nel momento della nostra morte.

 

C'è speranza per il mondo. C'è speranza per ciascuno di noi; noi speriamo in Gesù Cristo.

 

Gesù non mi ha promesso che non soffrirò, che non ci sarà la croce nella mia vita. Anzi, se voglio essere suo discepolo, devo prendere la mia croce e seguirlo. Mi ha promesso che la mia vita avrà uno sbocco finale felice, in lui.

 

Non posso preoccuparmi per me stesso o cercare la mia felicità più di quanto non faccia Gesù. Lui conosce la situazione nel suo insieme. Posso confidare nel suo amore.

 

Leggete il Salmo 22, qui sotto, lentamente, considerando una frase o una riga per volta, in presenza del Signore e facendo riferimento a lui, il vostro Buon Pastore.

 

Ripetete spesso durante il giorno la seguente preghiera: "Signore Gesù, confido in te", oppure componete voi una breve preghiera e recitatela spesso nell'arco della giornata.