(Da M. Henry, Marx. Une philosophie de la réalité, Paris, Presses Universitaires de France, 1963, vol. I, pp. 141-145. Tr. it. di Tommaso La Rocca).

 

Karl MARX (1818-1883)

 

L’umanesimo del giovane Marx

 

È nell'essenza originale della dialettica, in quanto risiede nella vita ed esprime le regolazioni eidetiche delle sue tonalità fondamentali, che conviene ricercare le determinazioni che essa rivestirà in seguito in maniera esplicita sul piano del pensiero e, per esempio, la legge dei contrari. Più la vita affonda nella sofferenza del suo essere inchiodato a sé e sente come un fardello l'assenza e l'impossibilità di ogni trascendenza e di ogni superamento, e più questo superamento si compie, più gli è dato di sentire, in questo soffrire stesso e tramite esso, il sorgere del suo proprio essere, il suo avvento silenzioso e l'esperienza del suo fondamento ultimo.

Così Kierkegaard poteva concepire l'estremo della sofferenza, la disperazione, come ciò che conduce l'io all'esperienza più radicale di se stesso e della vita in lui, a immergersi attraverso la sua propria trasparenza nella potenza che l'ha posto. Così si spiegano, in maniera generale, le concezioni religiose o mistiche che esprimono l'essenza metafisica dell'essere inteso come la vita e riportano il loro essere storico allo schiudersi simultaneo o successivo dei contrari, nel passaggio drammatico dal negativo al positivo, dalla privazione alla pienezza, dalla sofferenza alla gioia. Dalla ristrettezza all'altezza, per angusta ad augusta.

Più la stella è alta nel cielo, più profondo il suo riflesso nel mare. È questo passaggio drammatico attraverso i contrari che dà la sua forza e forse il suo contenuto ontologico all’idea religiosa del sacrificio. Che si chiami “alienazione”la sofferenza, e al contrario “libertà” l'espansione positiva dell'affettività, l'alienazione è la condizione di ogni liberazione ed il modo primario del suo compimento. Che la si chiami morte, allora la morte è la condizione della vita. Nella passione del Cristo e nel suo sacrificio si rivela e si esprime la legge metafisica della vita: è l'attentato portato alla vita che mette a nudo la sua essenza intangibile, è la ferita fatta nella carne bianca e morbida che lascia sgorgare il sangue, è la sofferenza che rivela ciò che soffre nel profondo di essa stessa, l'essere assolutamente vivente della vita.

Lo si è detto a giusto titolo: il proletariato è il Cristo. È colui che - dal momento che il proletariato, come il Cristo, è una persona - deve andare fino al fondo della sofferenza e del male, fino al sacrificio del suo essere, dare il suo sudore e il suo sangue e infine la sua stessa vita, per giungere, attraverso quest'annientamento completo di sé, attraverso questa negazione di sé, che è una negazione della vita, alla vita vera che lascia lì ogni finitudine ed ogni particolarità, che è una vita totale e la salvezza stessa. “Chi vuole salvare la propria vita la perderà, chi vuole perderla vivrà veramente”. Alla sua maniera il proletariato s'inoltra nella storia drammatica dei contrari e la porta a compimento, compiendo il sacrificio, la spoliazione di se stesso, la perdita completa di sé che conduce al riscatto, che costituisce la ripresa e la riconquista dell'essere vero, il rifiorire e la rigenerazione.

“Una sfera, dice il testo che stiamo commentando [Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel), che è, in una parola, la perdita completa dell'uomo e che non può riguadagnare sé se non attraverso il recupero completo dell'uomo”. La critica della religione pretendeva farei uscire dalla sfera religiosa e sottrarci alle sue costruzioni fantastiche, pretendeva introdurci nel campo della realtà, più precisamente, con l'Introduzione del '44, nel campo della realtà tedesca, della storia tedesca e del proletariato che vi si forma. Ma il proletariato non è che un sostituto del Dio cristiano, la storia che egli promette e compirà non è altro che la trascrizione profana di una storia sacra.

Sono gli eccellenti lavori di G. Cottier da una parte e di De Negri dall'altra che ci permettono di precisare come questi temi religiosi abbiano prima impregnato la metafisica tedesca e poi determinato a loro volta, attraverso di essa, i testi di Marx del '44 ed infine il marxismo stesso [...]. A giusto titolo Cottier cita il passaggio dell'Epistola ai Filippesi [...]. Il presentimento che ha avuto Cottier del ruolo giocato da Lutero nella trasformazione dello “schema kenotico”, cioè nella formazione della metafisica tedesca come pensiero dialettico, trova la sua origine nel fatto che Lutero ha tradotto ekénósen con hat sic selbst geeussert [exinanivit seipsum = annientò se stesso], intendendo così la spoliazione del Cristo come la sua alienazione.

 

È tutta la problematica di Lutero, a dire il vero, che può passare sotto molti aspetti per una prefigurazione ed una preformazione a volte esplicita del pensiero dialettico. A questo pensiero s'eleva in effetti il fondatore della Riforma nel suo sforzo di risolvere le difficoltà del paradosso cristiano, difficoltà che convergono tutte verso la questione della possibilità dell’unione dei contrari o ancora della communicatio idiomatum. I problemi che conducono a questa questione e monopolizzano l'attenzione di Lutero sono particolarmente quelli del Cristo in croce e l'eucarestia [...]. II riconoscimento del significato spirituale del pensiero luterano ci riconduce all'origine della dialettica, all'esperienza vissuta [...]. Già in Lutero il concetto di dialettica lascia scorgere la sua ambiguità originaria. Questa consiste in una metábasis eis állo génos, nella metábasis incontestabile in forza della quale ciò che vale come una legge del mondo spirituale e si scopre in esso, si trova trasferito in un'altra regione dell'essere, nel campo delle cose materiali e delle loro proprietà […].

La metafisica tedesca raccoglie e veicola tre significati del concetto di dialettica: 1. il suo significato affettivo originario in conformità del quale esso designa la vita e la dicotomia delle tonalità in essa, la loro brusca mutazione, il legame paradossale della sofferenza e della gioia, dell'amore e dell'odio; 2. un significato ontico, in conformità del quale la trasformazione è estesa alle “cose” e pretende qualificare l'essere di tutto ciò che esiste; 3. un significato ontologico in forza del quale la dialettica qualifica e determina questo essere pensato e còlto da se stesso, l'opposizione dell'oggettività e del mondo. [...]

Il triplice significato del concetto di dialettica che veicola la metafisica tedesca è presente nella costruzione a priori del proletariato e la determina segretamente, determina la questione tedesca a cui deve rispondere la realtà tedesca, la realtà della società prussiana della prima metà del XIX secolo […]. La prima filosofia del lavoro che espongono i Manoscritti del '44 segna l'invasione della metafisica tedesca nell'economia; la costruzione a priori del proletariato e la teoria della rivoluzione, che essa definisce, segnano l'invasione della metafisica tedesca nella politica e nella storia. È ciò che dice involontariamente, ma in una luce eccezionale, una famosa espressione: “il proletariato è l'erede della filosofia classica tedesca” [Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca].