Un elogio di Cristo attraverso l'elogio della sua creatura, il cristianesimo. Questo, per il romanziere tedesco (premio Nobel 1929), è uno dei pilastri insostituibili della nostra civiltà.

 

MANN THOMAS (1875-1955)


Dite quel che volete: il cristianesimo, questo fiore del giudaismo, rimane uno dei due pilastri su cui appoggia la civiltà occidentale, mentre l'altro è la classicità mediterranea. Rinnegare uno di questi presupposti basilari della nostra etica e della nostra cultura, o peggio rinnegarli ambedue, significherebbe, da parte di un gruppo della comunità occidentale, l'uscire da essa, con un regresso inconcepibile e del resto fortunatamente inattuabile della sua civiltà, sino a chissà qual livello. L'affannosa lotta di Nietzsche, l'ammiratore di Pascal, contro il cristianesimo, fu una eccentricità forzata, per me in fondo sempre imbarazzante, come altri tratti di questo commovente eroe. Goethe, con più felice equilibrio e maggiore libertà psichica, nonostante il suo "paganesimo deciso" non ha rinunciato ad offrire al cristianesimo gli omaggi più eloquenti, a sentirlo cioè quale potenza moralizzatrice e quindi alleata. Tempi eccitati come i nostri, inclini a scambiare ciò che è solo dell'epoca con ciò che è eterno (per esempio il liberalismo con la libertà) e a buttar via le due cose insieme, inducono chiunque abbia senso di serietà e di libertà, e non sia banderuola al vento, a rivedere le basi, rendendosene conscio per poi insistere su di esse pur nel dissenso. La critica esercitata dal secolo sull'idea cristiana e morale (per tacere del dogma e della mitologia), le correzioni ad essa apportate in nome del mutato senso di vita, rimangono sempre, anche se son profonde, anche se in apparenza rivoluzionarie, moti superficiali. La cristianità culturale dell'uomo d'Occidente, base condizionante, determinante ed impegnativa, è una conquista ormai raggiunta, non più peritura, che neppure può venirne intaccata.