(Da R. Guardini, L'essenza del Cristianesimo [1938], tr. it. di Manfredo Baronchelli, Morcelliana, 1981, pp. 7-13, 83).

Romano GUARDINI (1885-1968)

L’essenza del cristianesimo

Nello svolgersi della vita cristiana c'è il tempo durante il quale il credente cristiano spontaneamente. Essere cristiano significa per lui la stessa cosa che essere credente, anzi essere pio semplicemente. Il cristianesimo forma senz'altro tutto il suo mondo religioso e tutte le questioni sorgono nel suo àmbito. Così fu in linea generale per la collettività occidentale durante il Medioevo e ancora per i singoli fin tanto che essi crescono in un'atmosfera cristiana unitaria. In séguito però il cristiano avverte che ci sono anche altre possibilità religiose. Il credente, finora senza dubbi, comincia a domandarsi dove stia la verità.

Egli confronta, giudica e si sente spinto a una decisione.

In questo prendere coscienza e prendere posizione assume importanza decisiva la questione dove stia quello ch'è peculiare del cristianesimo. Che cosa costituisce la qualità particolare solo a esso propria, in virtù della quale il cristianesimo si fonda in se stesso e si distingue da altre possibilità religiose?

Nella misura in cui la connessione immediata con la realtà cristiane si rallenta e altre possibilità non solo vengono considerate, ma vengono anche interiormente avvertite, la questione si fa sempre più urgente.

Il problema relativo all' “essenza” del cristianesimo è stato risolto in diverse maniere. Si è detto che tale essenza consiste nel fatto che la personalità individuale venga ad occupare il punto centrale della coscienza religiosa; che Dio si manifesta come Padre e il singolo sta dinanzi a lui in un rapporto di pura immediatezza; che l'amore del prossimo diventa il valore decisivo e simili - fino ai tentativi di dimostrare il cristianesimo come la religione perfetta, semplicemente perché esso sarebbe al massimo conforme alla ragione, conterrebbe la moralità più pura e si accorderebbe nel modo migliore con le esigenze della natura.

Queste risposte sono tutte errate; innanzi tutto perché esse limitano la libera pienezza della totalità cristiana a favore di un particolare momento, che, per motivi diversi, viene sentito come il più importante. Quanto poco esse siano soddisfacenti emerge già da questo, che è quasi sempre possibile contrapporre ad esse altre soluzioni altrettanto sostenibili e naturalmente altrettanto insoddisfacenti. Così si può dire con fondati motivi che il nucleo del cristianesimo consiste nella. scoperta della comunità religiosa, del “noi” inteso religiosamente, anzi addirittura della totalità sovraindividuale; che esso manifesta inaccessibilità di Dio e quindi è senz'altro la religione di un mediatore; che mediante il primato dell'amore per Dio elimina il diretto amore del prossimo e così via - fino alle affermazioni secondo cui esso sarebbe quella religione che nel modo più radicale contesta le pretese della ragione, nega il primato della morale e suggerisce alla natura di accogliere quello che nell'intimo le è contrario.