Scrittore inquieto ma di ostinata fede, Santucci - uno dei più autorevoli rappresentanti della narrativa italiana recente - ha meditato in numerose e appassionate pagine sul Cristo, sulla sua realtà di Uomo. La summa di tale libero colloquio con le voci dei Vangeli è raccolta in una sua Vita di Cristo da cui sono estratte queste pagine.

 

SANTUCCI LUIGI (1918)

 

Vita di Cristo

Non guardate il cielo.

E mentre li benediceva, si staccò da loro e si sollevò su in cielo, alla loro presenza.

Questa è certo la cosa più bella che il Padre ha creato, perché si può possederla ed esserne posseduti senza toccarla, è un oggetto e non risveglia concupiscenze, un paese e non vi scoppiano risse né vi fermentano taverne. È il cielo.

Nei suoi primi guadi, appena staccato da terra, mi hanno sfiorato farfalle e scarabei; poi, ultime di queste minime vite, mi hanno inseguito le libellule dal volo più librato.

Sopra infine gli scatti geometrici delle rondini e le sentinelle ultime dell'aria, i falchi. Poi più niente di vita. O vita è invece anche questa delle nuvole che si smagliano a segreti venti e ordiscono pigre figure, cigni e cornamuse, lepri immense il cui orecchio si straccia in un veliero.

Oltre ancora il cielo è solo preziosa trasparenza, il gioiello azzurro che l'alba cambierà in perla e il tramonto in rosa, la materia stessa dell'anima o della libertà. Qui si condensa l'emozione incantata di tutti gli esodi, la liberazione da tutte le schiavitù, il destino umano del navigare da un dolore che ci si lascia alle spalle che diventerà buon poema e leggenda, verso la felicità che è sempre nelle mattutine partenze.

E io navigo in questo felice silenzio non avendo altro porto che il silenzio.

Io m'innalzo e nel salire non cesserò di parlarvi, perché solo se udrete quanto sto dicendo quest'ora sarà per voi sopportabile. Vissuta di laggiù, fra orti e case che rimpiccioliscono, quest'ora è infinitamente triste, questo giorno che i calendari chiameranno l'Ascensione in verità è per voi la fine di un lungo Natale, tra questi cirri si dissolve la fortunata notte in cui ero calato tra voi. Presepio volle dire. far siepe, siepi e graticci intorno a me per imprigionarmi in una festa che coincideva con la vostra infanzia, con l'allegria dei vostri camini. Ma dove sono oggi, a che servono tutti i vostri presepi?

Anche dell'ora della mia morte questa può parervi più triste. La croce vi lasciava ancora la mia salma, da imbalsamare di lagrime e unguenti, da visitare con fiori e lanterne. So che per voi un sepolcro in terra può dare maggior conforto che un punto irraggiungibile nel cielo.

a se d'un balzo io abbandono la terra nel colmo della mia giovinezza e della mia vittoria, nel sole delle mie amicizie e delle mie cene, è per dirvi che anche voi non avete qui la vostra casa: Betania e il suo cane di pietra, i suoi stipiti decorati di pannocchie, io v'insegno oggi a lasciarli senza voltarvi indietro. Non qui nemmeno col corpo.

Questo corpo che sembra fatto per la terra, vedete io lo strappo via come una bandiera riconquistata e m'innalzo con lui lassù, verso la patria.

So che per voi è difficile capire. Voi capite solo che ero giù tra voi e non ci sono più; che potevate toccarmi e adesso sulla terra non rimane se non l'impronta dei miei piedi che presto il vento cancellerà. Avreste preferito un dio che restasse confitto alle vostre zolle, anche un dio di pietra come i vecchi idoli, a cui tingere la fronte di vino al tempo delle vostre vendemmie, attorno al quale ballare e su cui l'edera e il muschio, la pioggia e la neve segnassero la vicenda delle vostre stagioni.

Io salgo e do scacco alla terra, alla vostra psicologia di animali senz'ali. Il difficile del vostro vivere comincia da quèsto momento. Poiché lo prevedevo, vi ho detto (ostinatamente, ricordate?, vi ho detto): “ Ancora un poco e mi vedrete di nuovo... non vi lascerò orfani... resterò con voi fino alla consumazione dei secoli... vado al Padre ma ritornerò... vi manderò lo spirito e la vostra tristezza sarà cambiata in gioia”. E tuttavia adesso questa cima verde di ulivi dove fate gruppo a voi sembra uno scoglio di naufraghi abbandonati; e a me nel vedere le vostre barbe protese verso l'alto, i vostri ciuffi neri e le vostre teste calve che scolorano come un mucchio di marionette a spettacolo finito, il cuore si turba in un assurdo rimorso. Perdonatemi questa fuga verticale dalla collina.

Porto con me anche la mestizia vostra di Emmaus, quella luce vespertina attorno al tavolo della locanda, la voce di Cle6fa che supplicava: "si fa sera, resta con noi".

Quando la nuvola mi avrà cancellato ai vostri occhi, voi seguiterete a guardar lo sfrangiarsi inquieto dei cirri sulla seta del cielo. Vorreste fermarvi migliaia di anni, perché vi è stato detto verrà precisamente nella stessa maniera che l'avete visto salire. Allora due personaggi vestiti di bianco vi diranno di andare a casa. Obbedite, discendete con gli altri. E quando, chiusa dietro le spalle la porta, in mezzo ai vostri poveri oggetti v'appoggerete alla finestra, sappiate che io ho ancora una cosa da dirvi. Non guardate il cielo. In questo. di dell'Ascensione io mi eclisso dietro quella nube, ma potrei nascondermi dietro un cespuglio, nel tronco cavo di un albero, o inabissarmi in uno stagno di Galilea. Il Padre da cui vado non abita oltre il volo degli uccelli. Egli è nelle brughiere spazzate dal vento, nei fienili sconosciuti dove vi accadrà di dormire una notte, sulle cenge dei monti, sotto il letto e sui tetti della città.

Dopo che sarò asceso, lui ed io saremo sciolti negli abitacoli del mondo. Allora più nulla vi sarà straniero. Ogni terra dove sbarcherete la riconoscerete dietro una segreta memoria perché io l'avrò abitata per voi. Ogni paese che lascerete partendo saprete di non abbandonarlo del tutto perché vi lascerete me. Tutto lo spazio diventerà per voi patria e casa. Le lontananze si cancelleranno da questo istante in cui io mi libro sul monte e mi sono messo in viaggio per il mondo. Allora capirete che io ho finto di andarmene. Da questo lo capirete: che non avrete più paura.

a mia vita non finisce qui, se finisse voi pure morireste. Essa continua anche quando vorreste dissolvervi, perché è appunto in me che bramate dissolvervi. Ogni disperazione; ogni rifiuto del vostro giorno è un'ansia di ricongiungervi a me, di rivedermi sulle nubi, di servirmi a tavola.