Non si può negare, se non altro, che la figura di Cristo sia vista con interesse e viva simpatia in quest'immagine piuttosto irriverente del gioioso iconoclasta commediografo irlandese.

 

SHAW GEORGE BERNARD (1856-1950)

 

L’amore di Dio

Anche la ragazza negra se ne andò dalla parte opposta sinché giunse ad una collina sulla cima della quale si ergeva una enorme croce guardata da un soldato romano colla lancia.

Bisogna sapere che, malgrado tutti gli insegnamenti della missionaria, che trovava negli orrori della crocifissione la medesima strana gioia che aveva provato nello spezzare il proprio cuore e quello dei suoi innamorati, la ragazza negra odiava la croce e pensava che fosse da deplorarsi che Gesù non avesse finito i suoi giorni pacificamente e senza dolore, di morte naturale, carico d'anni e di saggezza, protettore delle sue nipotine (la sua immaginazione completava sempre il quadro con almeno venti promettenti nipotine negre), contro l'egoismo e la violenza dei loro genitori... Così ella distolse lo sguardo dalla croce con una espressione di disgusto, quando il soldato romano puntò contro di lei la lancia, e gridò con voce forte e fiera:

- Inginocchiati, miserabile negra, davanti all'istrumento ed al simbolo della giustizia romana, della legge romana, dell'ordine romano, della pace romana!

Ma la ragazza negra fece uno sgambetto di fianco, evitò la lancia, e facendo oscillare il suo mazzuolo, lo scaraventò così di cuore sulla nuca del soldato, ch'egli andò giù lungo disteso, tentando invano di coordinare i movimenti delle sue gambe, per rialzarsi.

- Questo è l'istrumento e il simbolo che hanno i miserabili negri per tutte quelle belle cose! - diss'ella mostrandogli il mazzuolo: - Vi piace?

- All'inferno! - borbottò il soldato. - Un coniglio della decima legione, addentato da una cagna negra! Ma questa è la fine del mondo! - E smettendo di combattere, giacque a terra e pianse come un fanciullo.

Si riprese prima che ella fosse molto lontana; ma essendo un soldato romano, non poteva abbandonare il suo posto per dar libero sfogo ai propri sentimenti... L'ultima cosa che ella vide di lui, prima che i cespugli della collina lo nascondessero ai suoi occhi, fu un pugno teso verso di lei; e l'ultima cosa che udì dalla voce di lui, è meglio non ripeterla qui.

La susseguente avventura cominciò quand'ella si fermò per bere, e d'improvviso vide un uomo, che non aveva osservato prima, seduto accanto a lei. Mentre ella stava per raccogliere un po' d'acqua nel cavo delle mani, questi fece apparire una coppa chi sa di dove, e le disse:

- Prendila e bevi alla mia memoria.

- Grazie, o saggio - rispose lei e bevve. - Grazie di cuore. - Restituì la coppa ed egli la fece sparire come un mago; ella rise molto di questo, e anche lui rise.

- Questo è molto grazioso, o saggio - ella disse. - Sei un gran mago, tu. Forse potrai dire qualcosa d'interessante alla donna negra. Io sono in cerca di Dio; dov'è?

- È con te -disse il mago - ed è anche con me.

- Questo lo credo, - disse la ragazza, - ma che cosa è Egli?

- Nostro padre, - disse il mago.

La ragazza negra fece una smorfia, pensò per un momento e poi chiese: - Perché non nostra madre?

Questa volta toccò al mago fare una smorfia, e difatti la fece.

- Le nostre madri avrebbero posto se stesse prima di Dio, - diss'egli. - Se fosse stata mia madre a guidarmi, forse sarei divèntato un riccone, invece di uno spostato e di un pellegrino; ma non avrei trovato Dio.

- Mio padre, da quando ero piccina, mi ha picchiato sin che fui grande abbastanza per stenderlo a terra col mio mazzuolo, - disse la fanciulla, - e anche dopo questo, egli. tentò di vendermi a un soldato bianco che aveva lasciato la moglie al di là dei mari... Io mi son sempre rifiutata di dire “ Padre nostro che sei nei cieli ”; ho sempre detto “ Nonno nostro ”. Non voglio avere un Dio che sia mio padre.

- Questo non deve impedire di amarci come fratello e sorella, - disse il mago; e sorrise, poiché l'idea di quel nonno gli suscitava il buonumore, ed anche perché era di carattere mite e sorrideva ogni volta che poteva.

- Una donna non ama suo fratello - disse la fanciulla negra. - Il suo cuore si distoglie anzi dal fratello per rivolgersi ad uno straniero, come il mio cuore si rivolge a voi.

- Bene: lasciamo stare la famiglia; è soltanto una metafora - disse il mago. - Siamo membri del medesimo gruppo d'uomini, e perciò parte gli uni degli altri. Viviamo dunque secondo questo principio.

- Non posso, o savio - diss'ella. - Dio dice che non ha nulla a che fare col corpo, con padri, madri, fratelli e sorelle.

- È appunto un modo per dire: Amatevi. Ecco! disse il mago. - Amate chi vi odia. Amate chi vi maledice. E non dimenticate mai che due negri non valgono un bianco.

- A me non importa che gli altri mi amino – disse la fanciulla. - Ed io non posso amare tutti, né ho desiderio di farlo. Dio mi dice che non ho il diritto di colpire col mio mazzuolo soltanto perché un tale mi è antipatico; e che se io sono antipatica a qualcuno, dato ch'io possa riuscire antipatica, questo non gli dà però il diritto di colpirmi... Ma Dio fa che molti mi siano antipatici. E vi sono di quelli che dovrebbero essere schiacciati come serpi, perché rubano e uccidono.

- Preferirei che non mi parlaste di quella gente, disse il mago, - mi rende troppo infelice.

- È un modo di rendersi leggera la vita il dimenticare le cose spiacevoli; - osservò la fanciulla, - ma. non le elimina... Ditemi, o saggio, mi amate proprio veramente?

Il mago si scosse, ma subito però sorrise gentilmente e rispose:

- Non facciamo questioni personali.

- Ma non ha senso, se non è cosa personale - ribatté la fanciulla negra. - Supponiamo ch'io vi dica che vi amo, come voi stesso mi dite che dovrei... Non vi pare che prenderei un po' troppa confidenza?

- Ma no, ma no! - disse il mago. - Non dovete pensar questo. Benché voi siate negra e io sia bianco, siamo uguali dinanzi a Dio che ci ha creati così.

- Io non pensavo affatto a questo - disse la fanciulla. - Anzi, mentre parlavo avevo dimenticato che sono una negra e voi non siete che un povero bianco

- Provate a pensare ch'io sia una regina bianca, e voi un re... Che avete? Perché volevate andarvene?

- Nulla, nulla! - disse il mago. - O piuttosto... ecco: io ero il più povero fra i bianchi poveri... pure mi sono figurato d'esser re. Ma questo accadde quando la malvagità degli uomini mi aveva rovinato.

- Oh, si vedono dei re peggiori di così - disse la giovane negra. - Non dovete arrossire per questo. Bene, immaginiamo che voi siate Re Salomone, ed io la Regina di Saba, proprio come nella Bibbia. Io vengo da voi e dico d'amarvi. Questo significa che sono venuta a prender possesso di voi. Io vengo con l'amore della leonessa e vi divoro, e vi faccio parte di me stessa. Da questo momento voi dovrete pensare non più ciò che piace a voi, ma ciò che piace a me. Insomma io mi sono posta fra voi è voi stesso, ... fra voi e Dio... Non è questa una terribile tirannia? L'amore è davvero vorace. Potete immaginare il Paradiso con entro l'amore?

- Nel mio Paradiso non vi è null'altro. Cos'è il Paradiso se non amore? - disse il mago alteramente, ma un po' interdetto...

. - È gloria. È la casa di Dio e dei suoi pensieri. Là non ci si accarezza e non si tuba, non ci si, appiccica l'uno all'altro come una zèccola ad una pecora... La missionaria che mi iniziò, parlava d'amore; ma aveva sfuggito tutti i suoi innamorati per compiere opere grate a Dio... I bianchi distolgono gli occhi da me per timore d'amarmi. Vi sono comitive d'uomini e di donne che si sono dedicati a Dio; ma benché si chiamino fratelli e sorelle, non si rivolgono quasi la parola.

- Tanto peggio per loro! - disse il mago.

- È sciocco, si sa, - continuò la negra. - Dobbiamo vivere in mezzo alla gente e cavarcela il meglio possibile. Ma questo non prova che la nostra anima ha bisogno d'amore? A noi occorre l'aiuto fisico e morale di altri esseri. Ma le nostre anime anelano ad essere sole con Dio. E se qualcuno vi si avvicina con parole d'amore e desidera l'anima vostra come desidera il vostro corpo e la vostra mente, voi esclamate: Discostati! lo appartengo a me stesso e non a te! Questo vostro “ amatevi l'un l'altro ”, è per me, che vado in cerca di Dio, beffa più atroce di quanto non lo sarebbe per il guerriero che deve combattere contro il delitto e la schiavitù, uccidendo in nome di principii morali; o per il cacciatore che deve colpire a morte degli esseri innocenti, per impedire che i suoi bambini muoiano di fame.

- Dovrei dunque dire “ Ecco il mio comandamento: uccidetevi l'un l'altro? ” - disse il mago.

- Sarebbe soltanto giocare a capovolgere quell'altro comandamento - ribatté la ragazza negra. - Non esiste una regola assoluta secondo cui vivere. Vi assicuro che quei vostri comandamenti, buoni per curar tutte le anime, mi fanno l'effetto di certe pillole “tocca-e sana” che ci voglion vendere i ciarlatani. Sono utili forse in un caso sopra venti, ma negli altri diciannove non servono proprio a nulla. D'altra parte io non vado in cerca di comandamenti, ma in cerca di Dio.

- Continua la tua ricerca e Dio sarà con te - rispose il mago. - Per trovarlo, una creatura come te deve oltrepassarmi. - E così dicendo svanì.

- Questo è stato forse il vostro miglior giuoco di prestigio! - disse la ragazza. - Però mi dispiace perdervi, poiché, a parer mio, siete un uomo amabile e parlate bene.