(Da S. Weil, L’amore di Dio, Torino, Borla, 1968, pp. 183-184).

Simone WEIL (1909-1943)

Infelicità e colpa

Per essere inchiodati alla stessa croce di Cristo quando siamo colpiti da un'infelicità estrema, dobbiamo portare nella nostra anima, nel momento in cui giunge l'infelicità, non solo il seme diviso, ma l'albero di vita già formato. Altrimenti possiamo soltanto scegliere o l'una o l'altra delle due croci che si trovavano a fianco di quella di Cristo. Assomigliamo al cattivo ladrone quando cerchiamo una consolazione all'infelicità nel disprezzo e nell'odio dei compagni di sventura. È questo l'effetto più comune che provoca la vera infelicità, ed è, per esempio, l'atteggiamento degli schiavi nell'antica Roma. Coloro che si stupiscono quando scorgono un tale stato d'animo negli infelici, non !sanno che anch'essi farebbero altrettanto se l'infelicità li toccasse.

Per assomigliare invece al buon ladrone è sufficiente che ci rendiamo conto di aver meritato almeno quel grado di infelicità che ci ha colpiti. Infatti, prima di essere ridotti all'impotenza dall'infelicità, siamo diventati, a causa della nostra viltà, inerzia, indifferenza o ignoranza colpevole, complici di determinati crimini che hanno spinto altri esseri umani in un'infelicità pari almeno alla nostra. Senza dubbio, in genere non potevamo impedire questi crimini, ma avremmo almeno potuto condannarli pubblicamente. Non lo abbiamo fatto, o addirittura li abbiamo approvati, o perlomeno abbiamo permesso che si dicesse intorno a noi che li approvavamo. L'infelicità che subiamo non è, in termini di stretta giustizia, un castigo troppo grande per questa complicità.

Non abbiamo il diritto di aver compassione di noi stessi. Sappiamo che almeno una volta un essere perfettamente innocente ha sofferto un'infelicità peggiore della nostra: è meglio dirigere la compassione verso di lui attraverso i secoli. Ognuno può e deve dirsi queste cose, poiché avvengono fatti ed esistono situazioni così atroci nelle nostre istituzioni e nei nostri costumi che nessuno di noi può ritenersi assolto da questa complicità diffusa.

Certamente, ciascuno di noi si è reso colpevole almeno d'indifferenza criminale. Oltre a ciò, ogni uomo ha il diritto di desiderare di partecipare alla croce stessa di Cristo. Noi abbiamo un diritto illimitato di chiedere a Dio tutto ciò che è bene. Non è certo in queste domande che conviene essere umili o moderati. Non bisogna desiderare l'infelicità: sarebbe contro natura, sarebbe una perversione. D'altra parte l'infelicità è, per essenza, ciò che si subisce nostro malgrado.