Un Cristo veduto con occhi esaltati e fanatici, ma sentito con straziante intensità da parte di un prete, personaggio fra i più complessi creati dal celebre scrittore francese.

 

ZOLA EMILE (1840-1902)

 

Un prete

Tacque e gli indicò col gesto le muraglie opprimenti della chiesa.

- Qui sei in una fossa. Non potresti allargar le braccia senza graffiarti le mani sulle pietre. Il soffitto ti nasconde il cielo, ti ruba la tua porzione di sole. È tanto piccola che le tue membra vi si irrigidiscono, come se tu fossi sepolto vivo.

- No, - replicò l'abate, - la chiesa è grande come il mondo, giacché Dio vi sta tutto intero!

Ed indicò le croci, i Cristi moribondi, gli strazi della Passione.

- Tu vivi in mezzo alla morte, - riprese Albina. - Le erbe, gli alberi, le acque, il sole, il cielo, tutto agonizza intorno a te.

- No, tutto vive, tutto si purifica, tutto risale alla sorgente della luce.


Egli si era drizzato, con una fiamma nello sguardo. Si allontanò dall'altare, sentendosi sicuro di poter sfidare i pericoli della tentazione. Prese Albina per mano, le diede del tu come ad una sorella e la condusse dinanzi alle immagini dolorose della Via Crucis!

- Guarda ciò che ha sofferto il mio Dio! - le disse. - Gesù percosso con le verghe... Vedi, le spalle sono nude, la carne è lacerata, il sangue scende lungo le reni... Gesù è coronato di spine...

- Albina volgeva altrove il capo per non vedere quelle immagini sgorbiate.

- Perché soffrire? perché morire? - ella replicò. - Oh, Sergio! Se tu ricordassi!... Quel giorno, mi dicevi che eri stanco! Sapevo bene che non era vero, perché l'aria era fresca e camminavamo da un quarto d'ora appena... Volevi sedere per prendermi tra le braccia!

- Taci! - esclamò l'abate. - Guarda anche qui... Ascolta, devi prostrarti nel dolore e nella pietà! Gesù cade sotto il peso della croce... La salita del Calvario è scabrosa; è caduto; non si asciuga il sudore che gli gronda dal viso; si rialza e continua il suo cammino. Vacilla ad ogni passo... Adesso è caduto sul fianco ed è rimasto senza respiro. Le sue mani dilaniate hanno abbandonato la croce. La stanchezza l'opprime; sono i peccati del mondo che egli porta sulle spalle.

Albina aveva guardato Gesù, con occhi smarriti. - Oh, i viali dei prati! - mormorò. - Non hai più memoria, Sergio? Non ricordi i viottoli erbosi che attraversano i prati in mezzo a grandi laghi di verde? Era tanto morbido quel tappeto sconfinato; sembrava un mare verde la cui schiuma ci cullasse. E noi lo sapevamo dove ci conducessero quei viottoli così soavi, senza mèta; ci conducevano all'amore, alla gioia di vivere, alla felicità. Ritornammo a casa senza che ci sentissimo punto stanchi.

Con le mani che gli tremavano per l'angoscia, l'abate Mouret le indicava degli altri quadri. Ella si mise davanti alle immagini per non vederle più.

- Una sera, durante il crepuscolo, - diss'ella, - ti avevo posato il capo sulle ginocchia... Il sole si indugiava ai nostri piedi, con un dolce sorriso amichevole, salutandoci; il cielo impallidiva... Finsi di addormentarmi, vedendo che il giorno non se ne andava tanto presto quanto tu desideravi. Posso dirtelo, non dormivo quando tu mi baciavi sugli occhi: gustavo i tuoi baci; mi facevo forza per non ridere; avevo un respiro regolare e tu lo bevevi.

E poiché egli rimaneva in ginocchio, col volto inondato di lagrime, ella lo prese per i polsi e lo rialzò, esclamando appassionatamente: - Vieni! Ci ameremo nell'amore di tutte le cose! Egli la respinse. Era tornato alla cappella dei morti, di fronte al gran Cristo di cartapesta che agonizzava con spaventosa verità. - Gesù, tu che sei morto per noi, dì che siam polvere e sozzura! Permetti che copra il mio capo, che appoggi la mia fronte sui tuoi piedi - che rimanga immobile sin quando la morte mi imputridisca.

Si esaltava. Andò verso Albina, con le mani levate.

- Avevi ragione; qui c'è la morte; è la morte che voglio, la morte che libera e salva dalle sozzure!... Rinnego la vita, la respingo, vi sputo sopra! Il tuo sole acceca, la tua erba attacca le labbra a chi vi si corica sopra, il tuo giardino è un carnaio, nel quale si decompongono i cadaveri. Tu menti allorché parli d'amore, di luce, di vita felice! Nella tua casa non vi sono che tenebre! Anche se tu dicessi la verità ed avessi le mani colme di godimenti e mi portassi su di un letto di rose per darmi un sogno di paradiso, anche allora mi strapperei disperatamente dal tuo abbraccio. Tra noi v'è guerra implacabile! Vedi: la chiesa è piccola, povera, brutta; che conta? È più grande del tuo giardino; più grande di tutta la terra. È una fortezza che nulla può abbattere! Vuoi sapere ciò che accadrà un giorno? La piccola chiesa diventerà colossale e proietterà un'ombra e tutta la natura morrà. Gridava e spingeva Albina con violenza verso la porta. Ella, pallida, arretrava; poi, quand'egli tacque, gli disse in aria grave, con voce soffocata:

- Dunque, tutto è finito? Mi scacci? Eppure sono tua moglie. Sei tu che mi hai presa. Dio non può castigarci sino a questo punto.

Era giunta sulla soglia.

- Senti, - aggiunse, - tutti i giorni, sino al tramonto, vado in fondo al giardino, presso la breccia del muro... Ti aspetto!

E se ne andò. La porta si richiuse con un sospiro soffocato.

La chiesa era silenziosa. La pioggia che raddoppiava di intensità, metteva sotto la volta un fremito d'organo. In quell'austera quiete, la collera dell'abate svanì.

Col viso bagnato di lagrime, le spalle scrollate dai singhiozzi, tornò ad inginocchiarsi davanti al Crocefisso ed un atto di ardente ringraziamento gli proruppe dalle labbra.

- Grazie, mio Dio, dell'aiuto che mi hai dato. Senza la Tua grazia, avrei ascoltato la voce della carne, avrei peccato di nuovo! Dio mio, Tu eri in me, Tu parlavi per me! Il mio cuore sanguinante non appartiene più ad alcuno, è tutto Tuo! Per Te l'ho strappato al mondo. Dio mio, non mi vanto di questa vittoria; so di essere nulla senza di Te ed umilissimamente mi prostro ai Tuoi piedi!

Era caduto sul gradino dell'altare, non riuscendo a trovar parole, lasciando sfuggire il fiato dalle labbra socchiuse. Suonavano le sei, nella chiesa muta ed egli ascoltava ancora, in mezzo al silenzio delle creature. In quel silenzio egli confessava tutto a Gesù. Gli confessava che amava Albina; si stupiva di averla potuta scacciare, senza che le sue viscere si fossero ribellate; questo lo stupiva e ne sorrideva serenamente, come di un atto miracolosamente eroico compiuto da un altro. E Gesù rispondeva che questo non doveva stupirlo, che i più grandi santi erano spesso delle armi incoscienti nelle mani di Dio. Allora l'abate dubitava, non voleva scemare il merito di essersi rifugiato nel Signore? Era dannazione amare Albina? Ma se quell'amore era indifferente alla carne ed aggiungeva una speranza al desiderio dell'altra vita, come bisognava amarla? Senza una parola, senza muovere un passo incontro a lei, lasciando quell'amore purissimo esalare come una fragranza gradita al Cielo. Gesù aveva un sorriso di benevolenza, si avvicinava, incoraggiava le confidenze, tanto che, a poco a poco, l'abate si faceva ardito sino a descrivergli dettagliatamente la bellezza di Albina. Aveva i capelli biondi. Aveva la pelle bianca con dei grandi occhi dolcissimi. Adesso, coi fianchi rotondi, le spalle superbe, sembrava una regina. Prenderla per la vita, solo per un istante, sentire le sue spalle abbandonarsi sotto quella stretta!... Il sorriso di Gesù impallidiva, moriva come un raggio di sole all'estremità dell'orizzonte.

Adesso l'abate parlava tutto solo. A dir la verità, era stato troppo duro. Perché scacciare Albina senza una dolce parola, se il Cielo permetteva di amare?

- L'amo! L'amo! - esclamò ad alta voce con un accento pieno di passione che empì la chiesa. La vedeva, le tendeva le braccia, le si gettava sul seno, senza rispetto per la chiesa, l'afferrava, la possedeva sotto una pioggia di baci. Le si inginocchiava dinanzi, implorandola, chiedendole misericordia e perdono per le sue brutalità. E l'aveva scacciata, la chiesa era vuota!

Dove correre per raggiungerla, per ricondurla, asciugando le sue lagrime a forza di carezze?

- Gesù! - esclamò disperatamente. - Sii buono! Rendimela!

Ma Gesù non c'era più.

Allora, come svegliandosi di soprassalto, l'abate divenne orribilmente pallido.- Comprendeva. Non aveva saputo trattener Gesù; perdeva il suo amico, rimaneva senza difesa contro il male! Invece di quella luce interna che lo illuminava tutto ed in cui aveva ricevuto il suo Dio, altro non trovava che tenebre, un fluido cattivo che gli irritava la carne.

- Gesù! Gesù! - continuava a supplicare. - Ritorna, parlami ancora!

Gesù rimaneva sordo a quell'invocazione.

Per un istante, l'abate implorò il Cielo con le braccia disperatamente alzate; le spalle scricchiolavano nello slancio della sua supplica, ma presto le mani ricaddero, scoraggiate. Nel cielo v'era un silenzio senza speranza. Sedette sui gradini dell'altare, oppresso, terreo in volto, stringendosi i fianchi coi gomiti, come per diminuir la sua carne.

- Mi abbandoni, mio Dio! - mormorò. - Sia fatta la Tua volontà!