LA PARABOLA DEL PADRE CHE AMA (Lc 15,11-32)

 

La nota parabola, infelicemente conosciuta come del “figliol prodigo” è in realtà uno squisito trattato in forma parabolica dell’amore di un padre verso un figlio che si è allontanato da lui.

Vista in questa prospettiva, la parabola acquista pieno valore di attualizzazione, nell’odierno contesto sociale in cui le relazioni famigliari sono spesso alterate da discordie che si fossilizzano con il tempo, fino a spegnere gli stessi legami di sangue.

La parabola del padre che ama è inserita nel ciclo lucano delle parabole della misericordia, in conformità con la sensibilità dell’evangelista Luca nel proporre l’amore di Dio come predilezione per gli ultimi e i peccatori. In cinque quadri possiamo suddividere il racconto.

 

Primo quadro: spartizione e partenza (vv.11-12).

Il numero due ricorre nella Bibbia come simbolo di alternativa, ricordiamo in particolare il Salmo delle due vie (Sal 1).Anche qui l’alternativa è tra il fratello buono e quello cattivo, in richiamo ai due fratelli delle origini, Caino e Abele.

L’anomalia di amore del padre inizia già dal suo consenso a riconoscere al figlio minore la parte del patrimonio, atto che in realtà avveniva solo dopo la morte del padre stesso, questo a testimonianza del riconoscimento di libertà nei confronti del figlio amato.

 

Secondo Quadro: abisso e risalita (vv.13-20a)

Due movimenti caratterizzano questo secondo quadro, la discesa nell’abisso e la risalita in superficie.

Il fascino della lontananza e della voglia di fuggire dal controllo paterno o materno caratterizza ancora oggi il desiderio di libertà assoluta, provato in particolare dagli adolescenti. Così anche per il figlio minore  della parabola che aspira ad una chora makra, una regione lontana. Questa, tuttavia, mentre inizialmente può essere illusione di libertà, rivela presto il suo inganno, trasformandosi in tormento interiore, in reale situazione di indigenza e di sregolatezza deleteria, come lascia capire il termine ‘astos, tradotto con “dissoluto”. Il vertice dell’abisso è caratterizzato da ciò che più raccapricciante per il pio israelita, ovvero il contatto diretto con il maiale, animale impuro per antonomasia.

Dall’apice dell’abisso, inizia la risalita del giovane, in richiamo all’abisso di Giona nel ventre del pesce che gradualmente risale la superficie fino a compiere la missione che Dio gli affida. La decisione solenne, presa in un drammatico monologo è espressa dal verbo ‘anistemi, uno dei verbi che esprimono la resurrezione e che nella sua etimologia significa “uscire dalla passività”.

Il giovane nota la sua rottura con Dio (il cielo) e la relazione umana (il padre) e questo gli fa percepire l’orrore del suo peccato, fino all’indegnità di essere figlio di quel padre che non ha mai smesso di amarlo. Anche il termine misthios è interessante in quanto in opposizione alla miseria raggiunta dal giovane.

 

Terzo Quadro: accoglienza e perdono (vv.20b-24)

La commozione del padre è espressa  da verbo splangchizomai, tra i più cari all’evangelista Luca e che esprime il movimento interiore, viscerale, come quando diciamo ad una persona che amiamo che sentiamo qualcosa “muoversi dentro” nei suoi confronti.

Abbraccio, bacio, mantello e anello sono gli elementi rituali di intronizzazione del re, a significare che il ritorno a casa, dopo la lontananza dell’errore, permette di riacquistare la piena dignità, fino a sentirsi re della propria  vita. È questa la vera regalità che il giovane trova nella casa del padre, in opposizione alla falsa ed illusoria regalità della precedente lontananza.

Il discorso che il giovane si era preparato non è più significativo, qui il gesto supera la parola ed il ritorno a casa assume ogni eloquenza che nessuna dichiarazione verbale può esprimere. Il padre non vuole sentire commenti al suo gesto e per lui uccide il vitello grasso, l’animale che solitamente era meglio mantenuto e curato di altri, in vista di occasioni e feste importanti. Anche il verbo ‘euphraino esprime il “fare festa” per una solennità.

 

Quarto Quadro: la restaurazione (vv.25-32)

L’indignazione del figlio maggiore è espressa dal termine douleo, che significa servire come schiavo, quindi di livello ancora  più basso del misthios. Il padre esprime anche per lui il suo amore con il verbo parakaleo, lo stesso usato per il Paraclito e che significa “venire accanto, “consolare”.

I destinatari di questa parabola sono i farisei, i fratelli maggiori, coloro che non si sono mai allontanati dalla casa del Padre ma che vivono l’assuefazione al suo amore, l’abitudine appiattita e svuotata di entusiasmo di una fede fatta di routine, legata più alla tradizione che alla convinzione.

È per costoro che Luca compone questo gioiello narrativo, allo scopo di risvegliare la gioia di non avere mai trasgredito, restando fedeli alle dipendenze del Padre. È il monito valido oggi per  noi cristiani, spesso assuefatti di esserlo e asettici nei confronti dell’amore di Dio.

Il giudizio del fratello maggiore è pesante e malizioso: non lo riconosce più come fratello ma come altro figlio di suo padre ed interpreta, in modo del tutto arbitrario, il suo allontanamento come frequentazione di prostitute.

La parabola si chiude con l’ultima dichiarazione del padre, il quale usa il verbo teologico deomai che esprime il piano di Dio come “bisognava”, lo stesso usato da Gesù rivolgendosi a Zaccheo con “devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5). Bisognava fare festa per la resurrezione di quel figlio e bisogna continuare oggi a fare festa anche a noi stessi quando viviamo la gioia della conversione e del ritorno gioioso tra le braccia amorevoli del Padre.

 

 

Quarto Quadro: Restaurazione : 25-32

  • Figlio maggiore indignato: non vuole entrare in casa

    • servo da anni: douleo (inferiore a misthios)

  • Padre esce ad accogliere anche lui

    • incoraggiarlo: parakaleo

  • mai trasgredito:

    • giusto che non ha bisogno di conversione

    • Gesù è per i peccatori

  • Farisei destinatari della parabola

  • Questo tuo figlio: non “mio fratello”

    • asotos: con le prostitute

    • È la sua interpretazione

  • Ciò che è mio è tuo: figlio + socio + amico: assuefazione

  • Bisognava fare festa:

    • Deomai : il piano di Dio nella storia

  • Rallegrarsi: chaire miriam: grazia

  • Morto…vita…perduto…ritrovato: inclusione del ritorno


di Ferrario Fabio