Il portiere vigilante (Mc 13,33-37)

 

La parabola, di sola fonte marciana, è ritmata dal leit motive dell’invito alla vigilanza, tradotto sempre con il verbo “vegliare” ma che nell’originale greco conosce un’interessante sfumatura.

Al versetto 33 la raccomandazione è duplice: introdotta dal verbo blepo, traducibile con “fate attenzione”, continua con il verbo ‘agrypneo, che significa “stare allerta”, “restare in osservazione” ed è l’azione tipica della sentinella, la quale ha la responsabilità della sicurezza del presidio militare o della città.

Succede  che la sentinella si addormenti ed il nemico colga nel sonno i suoi avversari, decimandoli. Ecco allora la raccomandazione del secondo verbo, gregoreo, utilizzato da Marco ai versetti 35 e 37 e traducibile con “restare sveglio”.

 

Gesù racconta questa parabola a conclusione del discorso escatologico, iniziato con la profezia della distruzione del tempio (Mc 13,1-2) e dalla domanda di compimento da parte della cerchia più intima degli apostoli, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (Mc 13,3-4).  

La risposta sul chronos (l’epoca) ed il kairos (il momento) non è data alla conoscenza umana ma è affidata alla discrezione di Dio, occorre quindi essere cauti nell’accogliere falsi annunci di fine del mondo o falsi profeti di sventura (Mc 13,5-6).  

 

Partenza e ritorno sono i due quadri che strutturano la parabola. Quando l’ “uomo” del racconto parte, distribuisce incarichi affidando ‘exousia, ovvero “autorità” ai suoi servi, allo scopo di custodire la proprietà.

È interessante osservare il dettaglio dopo la partenza, tradotto con “dopo aver lasciato la propria casa”, dove in realtà il termine ‘apodemos significa “uscire da popolo”, ad indicare una dipartita di carica più intensa rispetto alla semplice partenza per un viaggio.

Ogni servo ha un ‘ergon, un “lavoro” da svolgere e la custodia della proprietà dipende dalla serietà professionale di ciascun affidatario.  

 

Il ritorno è senza preavviso, il padrone di casa non è tenuto a segnalare ai servi i suoi movimenti ed il suo rientro è visto come un’occasione offerta a loro per dimostrare la fedeltà.

Al tempo di Gesù la notte era suddivisa in quattro tempi, secondo la cultura romana. Il primo dalle 21 a mezzanotte, il secondo fino al canto del gallo, le ore 3, il terzo fino al mattino, le ore 6. Con l’inizio della notte cessava ogni attività e solo la sentinella vegliava. Con questa sottolineatura Marco insiste sulla comparsa improvvisa dell’ “uomo”, quindi sulla assoluta imprevedibilità del suo ritorno.

“Sentinella, quanto resta della notte?” è la domanda rivolta al custode notturno in Is 21,11. L’ebraico shomer mah millaylah, carico di significato, si rivolge alla sentinella come lo shomer, participio attivo del  verbo shamar con significato di “osservare” e “custodire”, inteso come osservanza. La sentinella è quindi l’ “osservatore” degli eventi esterni e l’ “osservante” della Torah. Questo era il profeta di allora e questo è il compito affidato ad ogni sentinella del Regno di Dio, la scrupolosa osservazione dei segni dei tempi, nell’osservanza degli insegnamenti del Vangelo.

 

L’esortazione morale della parabola la troviamo al versetto 36: “fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati”, dove il verbo katheydo significa “dormire” ma indica anche il sonno della morte.

L’inezia e l’inattività sono come la morte agli occhi dell’ “uomo”, facilmente riconoscibile nella persona di Gesù, che esce momentaneamente dal popolo per fare ritorno al tempo imprevedibile dal calcolo umano. Ciascuno di noi è un servo affidatario di incarichi di responsabilità e dalla nostra vigilanza dipende la sicurezza non solo personale ma di tutta la “casa”, riconoscibile come la Chiesa, nello specifico della singola comunità di appartenenza.

La catechesi di Marco insegna che la vita è un incarico da svolgere sulla base delle risorse affidate e nello stato di allerta del saper cogliere le occasioni che possono migliorare la qualità della nostra fede.

La vigilanza è quindi la determinazione nello svolgimento dell’incarico, la capacità di combattere quotidianamente per la conservazione della fede e dell’integrità della comunità. È il rifiuto del sonno mortale, inteso come inattività ed orgoglio di restare svegli per la custodia del Regno di Dio.

 

di Ferrario Fabio